Appena tornato dalla rassegna "oberdaniana" (sì, allo "Spazio" tutto, anche gli aggettivi) dedicata all'attrice Tilda Swinton, queste rapide mie a proposito di "Orlando", pellicola del 1982, diretta da un'altra artista della capitale inglese, Sally Potter (lei '49). Opera coraggiosa, probabilmente, come l'omonima della Wolf (che non ho letto), ma che allunga la gamba senza raggiungere l'altra sponda del Tamigi. Tre donne londinesi che, in ogni caso, con quel passo si portano un po' davanti agli altri...
Frase ad effetto, lo so; un po' eccessiva, è vero. Ma la penso così, se non prendo troppo sul serio questa pellicola e il suo soggetto. Spero non l'abbiano fatto nemmeno le autrici. Perché, a tratti, pare tenersi su toni alti, questo "Orlando", in altri pare sorridere di sé. Esercizio encomiabile che plasma una sfera imperfetta, volutamente, certo, una forma solida con un corpo centrale da cui fuoriescono spilli ardimentosi. Il fastidio provato tiene compagnia, affascina come le regole infrante (il fascino di chi risponde ai, alle, agli...chi reagisce), come gli sguardi alla m.d.p o quell'acqua versata chissà dove), le interruzioni provocatorie, il fare sbarazzino. Quindi si partirà da Orlando "destinato ad avere il ritratto alla parete e il nome nei libri di storia", passando bruscamente ad Orlando che ammicca indicandosi ("cioè io"). Da qui in poi, da subito, si godrà dell'interpretazione, da parte delle due donne londinesi, dell'opera della terza "maggiore". Bisogna penetrare questa pellicola, e non è facile, data l'ambiguità della struttura (ancor più del racconto). Gli autori lo sanno e ne approfittano: "Orlando" è "troppo serio, tuttavia non abbastanza", sibillano. La musica ha ruolo fondamentale, preparatoria della rottura imminente (l'annuncia già una vecchietta che, dall'alto della sua età e col peso sulle spalle, sa come scricchiola il ghiaccio sotto si sé; difatti si frantumerà). L'algida E.T. Swinton, dalla purezza vitrea, dallo sguardo diafano e bambino, contribuisce a dare accattivante aspetto androgino a un film in realtà intrinsecamente femminile (Virginia; anche la Potter...l'avventuriero è incorniciato come mai Orlando), ma in cui, a mio avviso, alcune gocce dell'ingenuità del protagonista scavalcano il contenuto, bagnando la confezione. Insomma, anche io confuso, cosa faccio? Dove vado? A vedere un altro film della Potter o con la Swinton?
(depa)
Questa volta lo dico a me stesso, che m'è piaciuta questa recensione. E rileggendola, mi accorgo che un plauso va eccome alla regista, poiché le stesse riflessioni che ho avuto per la trasposizione in celluloide, le ho avute al termine della lettura, compresa quella riguardante i singolari cambi di tono. Non mi resta che dire che il libro non mi ha certo entusiasmato, ricco di confusione, di mosse ammalianti ma abbozzate, di picchi di gran letteratura (il Tamigi ghiacciato, l'innamoramento da donna) e di scivoloni da bar sudicio. Voluto o no, l'effetto, secondo me, è discutibile.
RispondiEliminaE' una corsa per scherzo, fatta in fretta e furia, con l'ardimentoso scopo di narrare un popolo (comunque sempre in salotto e lontanissimo dai dolori che non siano di cuore e spirito) che s'è preso la briga di calpestare tanti piedi in giro per il mondo (col giustacuore sempre a posto, ovvio).