Seconda tappa un po' più "soft"

Ieri sera, in sala Ninna, seconda emozione targata Krzysztof Kieślowski con “Decalogo 2 – Non nominare il nome di Dio invano” e sono già decisamente affascinato e incuriosito da questo viaggio alla scoperta del regista polacco, anche se…
…questo secondo medio metraggio mi è sembrato un po’ meno intenso ed efficace rispetto al “Decalogo 1”, seppur ne ripropone la stessa atmosfera plumbea, ancora molti emozionanti primi piani, simboli “sparsi” e affascinanti interrogativi religioso-esistenziali.
Kieslowski gestisce l’ora di pellicola presentando a dovere i personaggi per poi catapultare d’improvviso lo spettatore in una situazione che stanno vivendo, tanto difficile e intricata da sembrare surreale. Due vite che si intrecciano e si scontrano perché c’è chi un figlio lo vorrebbe e non ce l’ha più e chi ce l’avrebbe, ma non sa se sia giusto tenerlo o meno. L’amore può dare felicità, ma anche tormento e i sentimenti della protagonista sono contrastanti e in continuo mutamento e portano a riflettere sul valore dell’amore stesso e della vita. Dio osserva e (questa volta?) non interviene.
A differenza del primo, il concept (“Non nominare il nome di Dio invano”) non mi è chiaro. Che ne pensi Depa?
(Ste Bubu)

1 commento:

  1. Sì, forse è vero. O forse, solamente la tragedia è più complessa, meno immediata. In questo secondo episodio, è più intima, meno esteriore. Ci sono la malattia e il ricordo dolorosi (più logoranti) che si sostituiscono alla morte improvvisa e, allora, l'accento della film si sposta tutto sullo sguardo disperato della protagonista e sulle sue attese solitarie e rabbiose, sugli occhi spenti del dottore e sui suoi vuoti.
    Classici simbolismi alla Kieslowski (insetti che riescono a sopravvivere; musica che permette, alle anime, di fare altrettanto) e parole centellinate. Questa potrebbe essere una, tra le 10 tappe, di quelle meno riconducibili a 10 Comandamenti. Se proprio volessimo giocare con la materia lasciataci dall'autore polacco, potremmo dire che il nesso col "Non nominare" sta nel comprendere che qualunque appello ad una sterzata divina (sotto qualunque veste) resterà inesaudito.
    Ma è il senso di biglie allo sbaraglio sul terreno gibboso dell'esistenza, ciò che mi è rimasto più impresso dalla pellicola.

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