Cari 'rofumisti, iersi sera, all'Oberdan, mi è capitato di vedere un film davvero affascinante, una pellicola che da subito mi sento di consigliarvi, a costo di precipitare nello stucco. Nel 1958, il regista genovese Pietro Germi, decise di realizzare ed interpretare un film sulla passione, sulla morale, sulla famiglia e sulla società. E il risultato, per me, è stato quasi perfetto: "L'uomo di paglia".
Il film inizia con sequenze di vita quotidiana di rara bellezza, è in estasi che ho passato la prima mezz'ora circa; è un piacere per gli occhi e per l'animo vedere Pietro Germi muoversi con naturalezza disarmante per le vie della città o tra le stanze di casa; stupefacente per la realisticità del suo rapporto con il figlio, la moglie e gli amici.
Il titolo è perfetto: Eliot o no, il racconto ha come fulcro la caratteristica travolgente e fulminea di una passione amorosa. Di fronte all'attrazione fisica non resta, a volte :), che lasciarsi trascinare dalla corrente e sperare che la cascata finale possa portare un po' di "refrigerio". Tentare di resistere aumenta le ferite.
Qualcosa potrebbe risultare artificioso, ma è una favola urbana di altissimo livello, a tratti, più neo-realista di mostri sacri di quella scuola, con buona pace del Sig. Umberto Barbaro. Forse anche io avrei rinunciato al finale: dopo la scena dell'incidente del cane, dopo quel "...è finita.", avrei chiuso con un finale meno tragico, ma comunque più impossibilista. Ma io non sono nessuno, Germi è un genio e, nonostante tutto, mi conduce per mano nelle scene finali e riesce, con un bombardamento finale di stati d'animo, con pugni nello stomaco intramezzati da dolci carezze, pur toccando anche temi rischiosi ed ambigui (come il perdono), addirittura a commuovermi.
Un grandissimo.
Guardatelo ora.
(depa)
Bello... bello veramente!!!
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