Un sabato pomeriggio di metà agosto è destinato a essere ricordato a lungo, se ha fatto da sfondo a un film come "Bellissima", del 1951, di Luchino Visconti. Sono in due ad uscire sugli scudi da quest'opera indimenticabile: l'emozionante Anna Magnani, autrice di una prova disarmante, e il regista-conte milanese, capace, già nel suo terzo lavoro, di confezionare un film neorealista fino al midollo, con scene che s'imprimeranno come poche altre nella mente dello spettatore.
Film meraviglioso, non può essere interpretato (solo!) come una denuncia del crudele "show-biz" di Cinecittà e dintorni; qui la protagonista è la figura di madre: è Maddalena Cecconi che, spalle larghe e polpacci di ferro, si carica sulla schiena tutto le proprie ambizioni per il futuro della figlia e s'incammina, tornante dopo tornante, su per quell'utopia che è il successo nel mondo dello spettacolo. Durante quest'estenuante percorso, Maddalena s'imbatterà in ogni tipo di creatura: c'è l'insegnante di recitazione morta di fame (che non ci sarà verso di tenere alla larga); c'è il cascamorto truffaldino (Walter Chiari) che, dopo la Lambretta, cerca di portarsi a casa tutto il "banco"...ci sono le madri "concorrenti" e c'è il marito che sognare proprio non sa.
Sullo sfondo cortili attraversati da grida dialettali, tagliati da panni stesi e cestini calati. Anna Magnani ci si muove come se non fosse nemmeno scesa dal letto. Il rapporto che costruisce con la bambina, durante le quasi due ore di pellicola, è eccezionale. Le sue chiacchierate tra sé e sé, davanti ad uno specchio o mentre sale l'ennesima scala, determinano infallibilmente la caratura di quest'attrice che è divenuta per me, mani sui fianchi e sguardo di sofferenza e ghiaccio, un colosso della recitazione.
C'è qualcosa di mitologico in alcune scene entrate nella storia del cinema: la sequenza con i due attori principali (Magnani e Chiari) in riva al fiume sembra ribadire che, sì, il mondo (almeno quello cinematografico), in quei giorni del 1951, aveva come come "caput" Roma, ma quella Roma strizzata, instillata nel corpo della grande attrice romana.
La sequenza finale, con il pianto della bambina (che "Bellissima" lo è davvero), la commozione della madre e la conseguente reazione-irruzione ("Ma come si fa a ridere di fronte ad una bambina che piange!?"), ha la potenza di una bomba atomica. Quanto quel visetto di bimbetta è vulnerabile di fronte a tutto, tanto l'Anna Magnani sembra poter disintegrare ogni cosa che le si pari di fronte, panzer cinematografico.
Un film frutto della collaborazione di Visconti, Magnani e Zavattini deve essere visto. Un film neorealista bellissimo, come questo, deve essere ricordato.
(depa)
Film bellissimo!
RispondiEliminaI vicoli di Roma, la riva del Tevere e i corridoi di Cinecittà sembrano appartenere a Maddalena per la spavalderia e la decisione che mostra in ogni situazione. Un personaggio incredibile per il suo sarcasmo pungente che spesso fa ridere e altre volte fa commuovere. Fantastica l’interpretazione di Anna Magnani. Un vero fenomeno di quella recitazione che fu e che tanto amo.
E’ vero, Depa: certe scene rimangono impresse nella mente. La prima adunata a Cinecittà, la scena con quell’incredibile ripresa nella quale, grazie a due specchi, tutte le quattro persone presenti sono riprese contemporaneamente in volto, la scena del lago, con la Magnani che offre una grande prova anche nella parte di una Maddalena pura e convinta nel voler sfiancare il suo troppo audace corteggiatore, ecc ecc...
Bello bello! Aho!