Mortirama

Senza pretese come rare volte in passato, eccomi al “City”. C’è anche Elena: è lei che m'ha “trascinato”. Altri due in sala al cospetto del Cinema Irlandese. Orchestrato però da un belga, classe 1979, che proprio oggi compie gli anni: Tim Mielants. Testimonianza delicata, condanna severa, negli occhi dei protagonisti molte turbe: "Piccole cose come queste" colpisce senza far rumore.
Cillian Murphy ed Emily Watson, “protagonista” e non “protagonista” da premiare. Stiamo tra i sacchi di carbone sul furgone di Bill, con una visuale ben ristretta. Insomma, Bill deve lavorare. Ma magdalene e figli di un "dare uno strappo".
Anni ’80 vividi nella fotografia, tonificante debbo dire, di Frank van den Eeden (alla radio gli Human League del 1981), grazie alla quale, assieme alla scorrevolezza da romanzo, la pellicola convince. Pellicola femminista in una delle roccaforti del patriarcato del tempo. Sotto l’albero addobbato, tutti sorridenti.
Cillian eterno crucciato, sempre sovrappensiero. Qui oppenheimerizzato da note incombenti. Afflitto da qualche turbamento…quale, chiede Elena? La condizione della donna. “Non dipende da me” è il fulcro. “Non sono affari nostri” è la leva. Caserme religiose. Il nostro prenderà (mezza) posizione. Ma, una superiora lo sa bene, “tutto è più bello sotto la neve”. Indifferenza generale, ipocrisia comandata. Il nostro ha avuto una rivelazione, viaggiare con onestà tra quartieri e gigalopoli remote comporta spesso tali sane inquietudini esistenziali (la menzogna del progresso, cara al Capitale).
Come Murphy, doverosamente in memoria testimonio delle decine di migliaia di vittime dei sistemi autoritari e repressivi cattolici irlandesi (e gracchia una cornacchia nel buio).
(depa)

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