Altro film in sala, sempre rotante attorno all'estetica della donna ai tempi del Capitale, è quel "The substance" statunitense cui ho guardato con sospetto; errato col senno della visione. Debitrice agli autori che sulla materia corporea hanno forgiato la propria filmografia, questa disturbante pellicola presenta al Cinerofum la parigina, classe 1976, Coralie Fargeat: Dorian Gray ribaltato, cosa non si farebbe per la beltà.
Miglior sceneggiatura all'ultimo "Cannes". Silenzio, uovo. Elizabeth Sparkle stella del boulevard ormai deturpata. Nello spirito. "E' stata", secondo viscidi canoni. Demi Moore al top, con coraggio e disinvoltura messasi a nudo. Tra linee rette colorate d'una regia accattivante e solida, già al secondo cimento. Irrompe con eleganza la fantascienza (Kubrick). "Ricorda, tu sei una". Sue, la turgida Margaret Qualley (classe 1994), santona di se stessa, colla sola imposizione delle mani. Materico e sonoro (i fidanzati di Ms. Hide sono davvero sfortunati), inadatto ad agofobici. "Divertentissimo", come il cugino nelle sale; violentissimo, senza rispetto per i bicentenari massacrati. L'unica per Gollum sarebbe buttarsi (e invece). Accettarsi, saper essere "soli con se stessi". Finale insistito come un'ossessione (estetica). Che permette, però, di morire due volte. Denti, unghie, orecchio. Horror. Delirio multiuso, con la cosa, uomo elefante e Sloth nel corpo di ElizaSue ("The monster"), in una scultura finale che mostra lo spirito del tempo: heavy metal grondante sangue.
(depa)
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