Registrare un film per poi rivederlo, magari accelerando in pubblicità. Costumi che ritornano che permettono il ritorno. Di Douglas Sirk, ad esempio. Il regista dei "melodrammi ironici", per il suo ultimo decise di non sorridere. "Lo specchio della vita" (t.o. "Imitation of life", 1959) è, sì, un melò aggrappato ad una provocazione, ma grazie alla regia e alle interpretazioni femminili, nell'ambiente casalingo di donne sole, caro al regista tedesco, si conferma perfetto nell'allestire frammentazione e dis-integrazione relazionale.
Remake venticinque anni dopo, nei titoli di testa musicati da Frank Skinner (1897-1968), l'annuncio della Regina del Melodramma: Lana Turner. Dinamiche sociali, ricchi e poveri (e donne che non devono starnutire). Anche le bianche sudano. Come l'aspirante e tardiva attrice protagonista. Vedova ambiziosa ed ambita. Belle biglie a rotolar come belle figlie da sposar. Il patriarcato è "disgustoso" e fa schifo" (ma "pratico" per l'uomo). Efficace fotografia (luci e colori), a mettere in rilievo gli stati d'animo contrastanti. Tra gli effetti più catastrofici, le prede educate e assuefatte al vittimismo ("nati per soffrire"). Sino ai moti di spirito che conducono ai nostri quotidiani eccessi, la cattiveria e la meschinità nei litigi. Tutti adorano Lora Meredith, per anni e anni. Ma i protagonisti son famelici d'amore dal "ti amo" scattante. A star fermi si rischia la Noia. La consueta scalata al successo, per poi chiedersi se ne valesse la pena. Ma raccontata con delicata incisività. "Amerigo Fellucci!".
Le note dell'esperto Skinner si riveleranno fondamentali (terribile il contrappunto con le sberle a Sara Jane), per incorniciare le strepitose prove attoriali femminili: della Turner e della sua spalla, di Juanita Moore (1914-2014), dolce mama del Mississippi. Nonché della "scandalosa" Sandra Dee e della "ritirata" Susan Kohner (1936). Amaro commiato di Douglas, consigliato.
(depa)
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