Alcoliament

Così a digiuno di cinema, così stremati dal ramadan cinematografico, che basta una proposta di Mino, come la sua stessa sentenza di pollice avverso, a spingerci nelle braccia, nei bicchieri, di Thomas Vinterberg. Il regista danese nel 2020, realizzò "Un altro giro" (t.o. "Druk"), interessante perché ambiguo, imperfetto come ogni sbornia. Siamo arrivati solo sin qui, con l'alcol?
Materia già ambigua l'alcol...si ride, si piange, si scherza, si dispera. Si vive e si muore. Rischiosa, come ogni merce immersa nel mercato (regole del profitto mica del buon senso, che il film vorrebbe estrapolare!). Delicata. "Deficienti! Ahaha" ridacchia qualcuno, nella Sala 1 dell'"America", all'ennesima performance da gonzi della vodka. Dato da registrare. L'alcol è comica devastazione. Tanti piccoli suicidi. Un certo pubblico, sviato dal tono demenziale e dalle didascalie sovrimpresse, potrebbe seriamente porla in burla. Rischio gravoso. Quel qualcuno non s'è mica posto: "Perché sentono il bisogno di essere deficienti?". Nessuna morale, ma consapevolezza che la gatta è invisibile sotto gli strati di pelo.
Se è un inno alla vita, è un film sbagliato. Se fosse un inno alla morte, lo sarebbe meno. Come detto, l'interrogativo aperto è uno degli elementi positivi dell'opera, al di là (del bere) del pensiero del regista. Aperto perché nulla è risolto nell'SMS d'una moglie svuotata che, realisticamente, cede all'inerzia di una vita passiva. L'orizzonte è quello del "vabbè, dai", ben poco edificante. Il regista, attento ai dettagli, didascalico qui e là, non la fa sempre semplice (la moglie è la prima a non astenersi dal bere, di fronte ad un marito sobrio e intento), ma chiude il cerchio della pellicola lasciando sul tavolo elementi che sarebbe bene analizzare. Si ammicca a Kierkegaard, ma che c'entrano amore e giovinezza con l'alcol?
Tralasciando l'inaccettabile sequenza del funerale del coach, coi bambini a salmodiare ennesimamente l'inno di tutti e nessuno (come se davvero fossero questioni soltanto danesi; ciao Dogma), la pellicola è girata come deve, braccando da vicino la grande forza espressiva del protagonista e dei suoi, almeno due, compagni di sbronze (impossibile il Thomas non cogliesse, e...?, l'assonanza con lo stereotipo del barbuto bevitore delle notti dei miei coglioni). Le rughe degli attori: Mads Mikkelsen, mr. Karsberg testimonial d'alcolismo; paonazzo Thomas Bo Larsen, feticcio di Vinterberg; Lars Ranthe uscito da un pub.
Ambiguità tra leggerezza e angoscia sublimata nella sequenza finale, osservata pensando: "ma questo qui dovrebbe buttarsi a mare"; lo farà, ma con accento terribilmente opposto al mio. Quindi il buio calerà sull'euforia da keglevic di chi crede, davvero?, di essere felice.

Mica volevamo la benedizione di nessuno.
(depa)

1 commento:

  1. Film onesto con personaggi ben calibrati. Illustra in modo piacevole e originale una banale verita': qualunque sostanza che agisce sulla psiche fa bene all'animo e male al corpo. Tutto sta nel trovare il proprio personale equilibrio e limite.
    Depa, secondo me la scena del funerale il regista ce l'ha voluta (o dovuta) mettere per non risultare troppo pro alcohol.. poi boh... 6 1/2 comunque... One Love

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