Carne di vita

Ciucciato lo scarso succo nelle Sale, ormai lo sapete, Elena ed io ci volgiamo alla "Valéry". Che sta lì, ad attenderci, con pellicole che fan dimenticare campionati (europei) e pandemie (mondiali). Con "Le notti di Cabiria", del 1957, Federico Fellini chiuse il triangolo tra umili, emarginati e il circo che li attornia. Fiore delicato e resistente, "Cabbiria", a tutti i colpi ricevuti o, peggio, intuiti. L'illusione fa male, l'illusione fa campare. Splendido.
La vita di ragazzi di Pier Paolo Pasolini, nella sceneggiatura, nei veraci spasmi e sinceri alterchi di borgata, si coglie con Elena. Panorama di gesti che, dovremmo spaventarci, pare d'altra specie. Nino Rota lo circonda colle musiche. Ma è Giulietta Masina premiata, stra affermata, al culmine (qui potente come una Magnani), dall'espressività impressionante, a rendere aureo l'argenteo soggetto (Ennio Flaiano, Tullio Pinelli). "Spacciando cocaina e facendo prostitui' le donne". Mondo ostile, a molti il fango, ad alcuni lo scalone. "Si dorme dove si può". Sotto gli archi, nelle grotte. Brulichio vegeto, "vivo" è un lampione. I morti de fame, stretti attorno a un incrocio, tra i campi, coi loro santi, madonne e miracoli supposti. Bastavano due bicchieri per la verità.
Lotta oraria per la dignità, "Nun me manca nulla!". Poi le note leggere, bugiarde, dell'amore. Non essere in grazia di dio, non essere felice. Un'altra strada, coi suoi personaggi #fantastici#, Fra' Giovanni, padre laico solidale, "me va' bene", l'amica in concorrenza Wanda. In Fellini, un gesto dell'ombrello può commuovere. Figurarsi, indi, uno straziante pianto disperato, "Non voglio più vivere!", "Ammazzame!!", con Giulia Masina devastante in cima al burrone sul bordo del precizipizio apice drammatico del cinema, in quel geniale Non-Atto, nell'ancor più feroce e annichilente intuizione.
Offre una boccata Fellini apre alla festa della vita, nel finale. Chaplin andava in là, Cabiria viene in qua, ché, in effetti, c'è ancora l'Uomo del Sacco.
(depa)

1 commento:

  1. Eh io invece non la sento cosi' lontana questa realta', seppur dove vivo e' presente con sfumature culturali e sociali decisamente diverse. Ma l'istinto come unico colpo in canna per sopravvivere e difendersi, quello lo vedo tutti i giorni nella societa', cosi' come una maggiore diffidenza, che quando diventa speranza spesso viene delusa.
    Il film, grazie anche ad attori magistrali e ad un uomo alla regia che e' stato qualcuno per la Settima, descrive e mostra perfettamente tutto questo.
    Io onestamente al gesto dell'ombrello ho sorriso perche' ho gioito e goduto con Cabiria, anche se non ero gia' sicuro che sarebbe finita bene...
    Niente male questo Fellini "pasoliniano"!

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