Sua Altezza e il Generale

Dopo la mesta chiusura della mia personale "prima sessione", il Florence Korea FF 2021 mi zittisce con un'opera che ricorderò, intendo anche menarlo-agli-altri, per sempre. Nella "Retrospettiva a Moon So-ri" sta "Oasis", terzo lungometraggio di Lee Chang-dong. Era il 2002, gli anni del Dragone D'oro del cinema coreano, capace di pellicole di potenza clamorosa: violenza e amore in riflessioni tanto profonde da togliere il respiro. Dare brividi, pianti.
"Devi crescere, diventare adulto". Pediniamo con prelibato fastidio l'indimenticabile, eternamente oscillante, vagabondo. Quindi la perversa poesia del primo incontro con Moon So-ri, colomba bianca in interni. Miracolose fughe di farfalle, nella cura dei dettagli che danno corpo ai personaggi e lamano il cuore. La sequenza della camera-car, con omissione di soccorso generale. Hong Jong-do! Sconcertante, danzante in questo folle mondo. Sequenze shock, come lo stupro commesso da un pervertito (?) ai danni di una disabile, innalzano e moltiplicano, da grande opera, questioni e posizioni. Lo stomaco vacilla. Pellicola coraggiosa, in primis (in seconda dev'essere capace), imprescindibile nella filmografia dell'autore sudcoreano (e d'ogni appassionato). "Sua Altezza, La Principessa, e Il Generale", colle le loro fantasie, che fanno volare, in metropolitana, al garage, infine precipitare. Straziante, "è così emozionante". Il ballo nell'autostrada bloccata. Kimiani visioni di esotiche oasi indiane. Cinema Coreano nel tripudio di prevaricazione e amore; un film che ti alzi e fai un giro e della Sala in cerca di respiro, che racconta molto delle nostre incoerenze e ipocrisie (la festa di compleanno). Capolavoro. Quarantenne dipendente, crollo sulla banchina del metro, dove l'inizio di una danza dell'immaginazione mi fa grondare. Da quanto non capitava? Von Trier? Kim? Puro affetto violentato.
Venezia fu illuminata, ma il Leone fu d'Argento (aureo dissacrante e bestemmiatore Mullan). Per me, è valso da solo l'abbonamento completo; a mezz'ora dalla fine clicco su "Regala a" (tanto è difficile star fermo). L'idea di vederlo in sala mi terrorizza. Interpretazioni da tutti i premi: splendido Cuore di bambino di Sol Kyung-gu (1967), sontuosa Principessa dei diversi la già citata Moon So-ri (mia nuova diva, 1974). "C'è un incendio!" nel testo spaventoso per universalità (brutalità) dei temi. Crudissimo realismo coreano sulla profonda incomunicabilità che ci allontana (hai voglia a pregare); sui disumani rapporti col diverso e con la malattia, nello spettro più ampio (totale), della nostra civiltà (detenzione). "Ci sono ragazzi che devono studiare! Andate a casa!".
Non muore nessuno: lo siamo tutti.

Quindi vedemmo, e ne scrivemmo, bene, nel suo amore bruciante (casi unici: dopo questo film, lo han fatto Ministro).
(depa)

1 commento:

  1. E averlo rivisto, nella magica proiezione inaugurale della sala (sans) Cyrill, 17 giugno 2021 (toh...), tra le ombre della pellicola e quelle del timpano di San Siro, me ne ha fatto apprezzare la complessa solidità della sceneggiatura, così come la maestria nell'allestimento delle sequenze. E' quasi peggio, rivederlo. Poiché sai, già, quanto amore finirà nel solo odio di cui la società è capace.
    Grazie ai cinque presenti!

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