Al nostro secondo appuntamento con Festival Nuovo del Cinema Europeo che, lo ricordo anche a me, è dedicato ai giovani registi emergenti europei, molti dei quali alla loro opera prima, nella seconda serata di mercoledì scorso, è stata la volta di "Lomo" (sottotitolo "The Language of Many Others"). Pellicola tedesca diretta da Julia Langhof, berlinese mia coetanea (19##), è un apprezzabile tentativo di addentrarsi nel contorto e vano mondo delle nuove comunicazioni, come chat, blog, messaggerie et similia. Tecnologie invadenti che vanno a plasmare (corrompere?) i rapporti interpersonali, i codici sociali...nonché quelli penali.
Il film inizia cripticamente, mescolando piani visivi, tracce audio e giocando a mosca cieca con lo spettatore. Poi la trama si dipana, all'inizio promettendo (forse solo a me, ovvio che Marigrade avesse capito tutto prima ancora che in sala si spegnessero le luci...si scherza eh!) un breve viaggio nell'esistenzialismo 2.0 dei nuovi I-boy autorincoglionenti (sarebbe stato interessante), in seguito adagiandosi sui più tranquilli lidi della piccola vicenda. Un video osé pubblicato in rete può mettere in moto una serie di menate mica da ridere. Difatti non s'è riso per nulla, in sala. Il marcantonio protagonista si aggira tra appartamenti borghesi, fighe e T-shirt strappate alla fabbrica, senza trovare se stesso (e te credo), finendo per farsi letteralmente comandare.
Il messaggio è chiaro (piuttosto esplicito), la forma tutto sommato regge, anzi, secondo me l'osannato Assayas dovrebbe dare un occhio a come la giovane Langhof ha "inglobato" le nuove forme di comunicazione sullo schermo, in maniera originale ed efficace (non piatta e stancante come nel suo "acquirente personale"). Proprio questo tentativo nuovo è il punto di forza della pellicola, altrimenti da dimenticare tra quelle tagliate su misura per le migliori famiglie d'Albaro e Castelletto.
Voto: 6.
(depa)
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