Per il quinto (per noi) e ultimo (per tutti) appuntamento col Festival del Nuovo Cinema Europeo, edizione 2017, nell'accogliente sala del Palazzo Fattinati-Cambiaso, sede dell'"Altrove", sono presenti: Elena, Marigrade, il Prof. Sini ed io. In programma "Il migrante", pellicola austriaca scritta e diretta da Arman Tajmir Riahi, iraniano classe 1981, che nell'83 fuggì con famiglia oltre il Brennero. La sua posizione di immigrato (seppur di vecchia data, ma sappiamo quanto valga per i "puri" autoctoni d'ogni dove), in un quartiere popolare multirazziale di Vienna, gli ha permesso di preparare un film semplice e leggero nella confezione, ma dal contenuto fondamentale: l'infame complicità dei media, da sempre strumento del potere, coi più bassi istinti egoistici, nell'allestimento del macabro teatrino dell'Intolleranza.
La pellicola inizia con un incipit in cui si mostra l'altra faccia della medaglia, quella non appartenente alla narrativa di Sistema. Quella che pennivendoli e questurini, giuro, non vi racconteranno mai. Quel lato gioioso (e vincente) della convivenza tra individui di provenienze differenti, fondato sul mutuo appoggio che sostiene gli ultimi nei secoli. Poi il canovaccio si scioglie e, tra una gag e uno sketch, i due protagonisti, amici di quartiere del regista, porteranno sullo schermo la loro ironia e la loro...amatorialità. Per questa, o per una scrittura intelligente nel messaggio, ma banalotta nell'intreccio, ad ogni modo la pellicola non è da annoverare tra le pellicola di qualità di questo festival. Ma come portatore di valori, è un film che dovrebbe essere visto da molti di coloro che si aggirano o legiferano per i vari centri storici delle grandi e piccole città. Lontano dai grandi interessi economici, ci si può riscoprire più vicini agli affetti reali. Sempre che non decidano che il caro vecchio quartiere abbia del potenziale: in tal caso preparatevi a tante nuove storielle. E a lottare; o a far le valigie.
(depa)
(depa)
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