Vediamo un po' che c'è nelle sale..."Nico, 1988", un film che narra degli ultimi anni di Christa Päffgen, "la bionda dei Velvet". Ci può stare, vado in avanscoperta (un manipolo di soddisfatti ringrazierà). E, in effetti, l'ultimo film di Susanna Nicchiarelli, romana classe '75, ha l'efficacia di una fugace e tagliente scheggia di vita. Gli ultimi frammenti di Nico prima dello schianto, narrati senza inutili pietismi, ma con una carezza, quella sì, alla bambina cresciuta troppo in fretta tra bombardamenti, militari prima e lisergici poi, e col solito biglietto solo andata per la celebrità. Il ritorno alla terra è a piotte.
L'inizio poetico ed inquietante ci racconta di una Berlino lungo un orizzonte notturno ed infuocato. Fratture che ancora oggi obbligano molti a zoppicare. Stacco e siamo nel 1986, quando Nico arrancava tra memoria e tentativi. Tra eroina e concerti, l'ultimo suo disco, "Camera obscura" (dov'è quel "My heart is empty" , tra gli altri brani citati nel film), sarà trascinato on tour (che colpaccio, quella sera, per i fortunati frequentatori degli alberghi di Nettuno...).
Il film riesce alla perfezione Di chi i meriti? Evidentemente, della sorprendente regista e, non meno, della grande prova attoriale e canora della danese Trine Dyrholm (Orso d'argento a Berlino 2017, già apprezzata anche qui sul 'Rofum per "La comune"). Attrice cantante quindi che fa sua la scena, in "camerino", come sul palco. Niente da dire, a suo agio nelle vesti di questo grande, ma nebuloso, personaggio degli anni '70. Tanta sofferenza, senso di inadeguatezza negli occhi della cantante tedesca, persa nel ricordo di qualcosa di non agguantato. Pagare il prezzo di una guerra devastante per l'anima (di un tedesco soprattutto), per poi barcamenarsi (modella?), "farsi" per non pensare, e ritrovarsi abbandonata da coloro che le insegnarono il business facendo un cazzo. Tutto questo ha generato una grande energia attraversata da violente corrente di dolore. "Janitor of lunacy", "Nibelungen" paiono proprio "pezzi" che indicano una possibile fuga, per esempio nel luogo più isolato della galassia. Comunque una vita gridando, senza accettare i compromessi che adorano i più. 1987 e, subito, il fatale 1988. Sovrimpressioni tutto sommato inutili nell'ottica del racconto, ma che casualmente ricordano che quando si è soli, un anno può essere una fiammata, quello dopo cenere.
Finale classico, col suo bugiardo arrivederci, che non stona all'interno di una storia fatta di qualche eccesso e molto mal di vivere. Ciao Christa.
Consigliato.
(depa)
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