La domenica pomeriggio che non t'aspetti. Quando sei lì che progetti un divano lungo ore, vieni a scoprire che i ragazzi dell'"Altrove" si sono inventati una triplice proiezione, sempre in pellicola, dedicata al regista statunitense, "arzillo novantenne", Roger Corman. Non è come andare in miniera, certo, ma un certo impegno è richiesto. Prepararsi, uscire (con 'sto freddo!), sedersi, insomma roba tosta. Alle 16:30 il primo appuntamento, con "Il mostro del pianeta perduto". Claustrofobico post-atomico del 1955 che mette in evidenza l'ineluttabile incapacità della specie umana.
Classico che più non si può, questo film non si fa certo problemi a cavalcare gli stereotipi di qualsiasi narrazione. Il manipolo di sopravvissuti annovera tra i suoi: l'ex-militare dalla mandibola adeguata (sempre attaccato ai suoi strumenti e alla sua leadership), la bellina delicata (ma sufficientemente tenace), la femme giunonica pronta a crollare dinanzi ad un rifiuto (e la sua "caduta" è la prelibatezza della pellicola); chiudono lo schema il vecchio ubriacone e i due bellocci: uno moro, l'altro biondo (saranno, rispettivamente, lo strafottente e il cavaliere). Poveri superstiti isolati, sì, ma non da tutto. Beh sì, sapete?, là fuori c'è una bestia strana (complimenti ai costumisti...), ma i veri problemi nascono dall'interno del rifugio.
Nella sua leggerezza e ingenuità, questo racconto "braccato" e fisico (con tanta pelle nuda, braccia, bicipiti, mani e peli, visi statuari, tutto a rischio contaminazione) mi ha tenuto sufficientemente compagnia. Suppongo non il miglior "tempo" di Corman. Avanti un altro.
(depa)
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