Dopo i corti offerti "antagonisti e libertari", altri corti più "istituzionali e democratici", di pari valore. Infatti i ragazzi dell'"Altrove" (tutti figli del "Laboratorio Probabile Bellamy"), per chiudere all'altezza la grande annata passata assieme, si sono inventati una serata di corti musicata. Il fascino dei 18 e 35 mm, "alla velocità originale" ("18 fotogrammi al secondo"!), che si portano appresso l'intrigante e misterioso catafalco del proiettore (a ciascuno il suo!), vagina meccanica e rumorosa da cui scaturiscono, ormai da 60x2 anni, i nostri sogni di luce. Avanguardia, a guardia del futuro, alla scoperta del dopo che ancora non c'è. "Anémic Cinéma" diventa "2", dopo il primo appuntamento di quest'estate al "CreSta". Muovo il piedino grazie ai musicisti in sala, sposto l'occhio roteando(li) e squartando(mi); visto da qui, stasera, questo piccolo angolo sotto il palazzo Fattinanti-Cambiaso, pare il centro del mondo.
Pellicole nate tra il '24 e il '30. "A proposito di Nizza", di Jean Vigo, che lo scrisse col direttore della fotografia russo Boris Kaufman (fratellino di "Dziga Vertov"), è del 1930. I perduti e ; una festa che non lo è più. Sole cocente sulla promenade arsa e imbiancata. Insomma "La ricchezza e la morte" (cit. dalla curatrice, !?). Un fantastico coro acquatico, poi petanque e Formula 1 e baciccia franzosi col berretto consono [wow che serata, come a Milano, anzi meglio!]. Un delirio di gambe, di can-can.
I proiettori nel frattempo si sono avvicendati e, tra le due sole vecchie abat-jour accese in sala, compare "Anémic Cinéma" vero e proprio, quello del 1926 di Marcel Duchamp e Man Ray , che già vedemmo (rimanendo perplessi davanti a 'ste dannate filastrocche roteanti). Ecco l'occhio di Duchamp (ben poco anemico" ironizza la conduttrice della serata (!)). Niente di esaltante, oggi. Ma l'avanguardia scalpitava e "tanto fa".
"Un chien andalou", del 1929, non ha bisogno di medaglietta identificativa. Luis Buñuel ne è il padrone ed io che non son cane, magari!, ma uomo, mi faccio schiavo e ci capisco ancora meno. Daldetto da-da "et voilà".
"Ballet mécanique" è del 1924, è un'incursione dell'artista francese Fernand Léger (1881-1955), è un caleidoscopio beffardo ("de 5 millions!").
Sintetizzatore, contrabbasso, tastiera e chitarra elettrica, abilmente accordati e in sintonia, regalano sogni in cui le immagini cinematografiche s'incastonano come gemme preziose. Il Cinerofum è avido solo di questa ricchezza. E, presuntuoso e illuso rabdomante, lo troverete sempre lì, tra le poltroncine, seggiole, gradini di turno.
Grazie ai ragazzi dell'Altrove.
(depa)
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