Incredibile. Ken Loach si è ripulito. E' andato in comunità e ne è uscito come nuovo, realizzando un film intenso, vero e duro, asciutto, col quale si è aggiudicato l'ultima Palma d'Oro. "Io, Daniel Blake" può essere preso come modello per le pellicole a sfondo sociale per la misura raggiunta e mantenuta, per la lucidità con cui rappresenta il desolante quadro umano: mica è facile stare calmi...
Occupare è giusto
A volte uno sguardo in rete può tornare utile. Come ieri, quando su "i miei film .it" (o come se ciàmma), scorrendo senza perdere tempo agli ultimi titoli elencati, ho scoperto che al Sivori avrebbero proiettato. "L'Onorevole Angelina", diretto dal romano Luigi Zampa nel 1947. Commedia sociale infinitamente attuale, richiama ad un impegno politico che sia tale e, allo stesso tempo, evidenzia l'incompetenza e la malafede delle classi dirigenti.
Campagna paludosa
Per la sala Valéry, anche grazie ai preziosi rifornimenti di Mino, è stato un ottobre trionfale. Sia d'auspicio per un autunninverno carico di titoli indimenticabili! Due settimane fa è stata la volta di Luis Buñuel che, nel 1964, diresse un racconto spavaldo e graffiante, tratto da un romanzo francese (Octave Mirbeau), completamente affacciato sulla meschinità della società borghese (cioè la nostra): "Il diario di una cameriera".
Morte e vitigni
E' bello entrare nella piccola sala dell'Altrove, per il solito appuntamento in pellicola, e aspettare che si spengano le luci per: 1-scoprire che alle nostre spalle c'è niente po' po' di meno che Miss Sospiro, che dovrà comunicare a tutti le proprie sensazioni e 2-veder comparire al nostro fianco il Tizio Che Compare Sempre 20 Minuti Dopo, che inizia a maneggiare il cellulare fregandosene del film (c'è sempre, un po' come gli automobilisti francesi per statali e provinciali: non sarete mai soli, si appostano chissà dove e vi si attaccano dietro). Ieri pomeriggio, poi, è stato bello pure il film quindi che volere di più: "Il padre del soldato" è una pellicola sovietica diretta nel 1964 dal georgiano Revaz Chkheidze (1926-2015), dove un gigante buono percorre la follia della guerra: si dà la vita per una terra che, in realtà, si vuole morta.
Musica imbizzarrita
Una domenica post derby (vinto), con tanto di pioggerellina su tutta la città, non può che puntare il dito sul morbido tappeto della Sala Valéry: "Ora goditela, sta' un po' buono lì...". Seguo il consiglio di Domenica e premo play su "Year of the horse", documentario girato da Jim Jarmusch, nel 1997, raccogliendo materiale e interviste, più o meno formali, durante l'ultimo tour europeo di Neil Young e i Crazy Horse.
Poco rumore per tutto
Il venerdì pomeriggio appena trascorso l'ho passato con Jacques Tati, presso gli Amici del Cinema. Ottima occasione, dopo un po' di tempo, per rivederci tutti. Compreso Monsieur Hulot, incontrato per la quarta volta in "Playtime" (1967), il film più "carico" della cifra dell'anticonvenzionale regista/attore comico francese, con una tale sovrabbondanza di oggetti e situazioni sullo schermo, da frastornare in allegria.
Mica è facile
Tra le varie incursioni subite dalla sala Valéry nelle scorse settimane, c'è stata quella di Nanni Moretti, ripresentatosi ai nostri appuntamenti, assieme ad Elena, Zippino e me, con appresso il suo "La messa è finita", del 1985. E' sempre piacevole seguire il simpatico ed insopportabile Nanni anche nelle improbabili vesti di un prete sagace e inopportuno.
New Train Sound
Ho detto chiacchierata. Ho detto lunga. Quindi proseguiamola. Jim Jarmusch una decina di sere fa s'è ripresentato in Sala Valéry. Occhiali neri su chioma bianca, anche con "Mystery train" (sottotitolo "Martedì sera a Memphis", del 1989), s'è trascorsa un'ottima serata in compagnia del regista che vien dall'Ohio. Creatore originale di intrecci bizzarri e curatore attento dell'immagine ben costruita, Jarmusch coi suoi film suscita quel sorriso che pare ben conscio di considerare senza motivo.
Fischio universale
Durante le ferie casalinghe ottobrine, come detto, s'è fatta una lunga chiacchierata con Jim Jarmusch. Per "Taxisti di notte" (t.o. "Night on Earth", 1991), oltre ad Elena e me, in sala Valéry s'è presentato pure Zippino; ed è stata una buona idea, stando ai suoi entusiasmi per la fotografia e l'ironia profuse in questa pellicola.
Sorgi a rinascere
Juri, che sul cileno Pablo Larraín ha pure scritto, me ne ha parlato bene; Claudio, incontrato casualmente in via XX, ha confermato: un biografico diferente. Pertanto ad Elena, Mino e me non è restato altro che puntare verso l'Ariston, dove in programma c'è "Neruda". Poesia d'amore e poesia di lotta, fuse assieme da uno dei più capaci artigiani della parola, non trovarono e mai troveranno luogo e tempo pronti. Per questo il poeta del Sole dell'Avvenir è condannato all'esilio perpetuo, con tutti i suoi personaggi.
Guerra e niente
Che bello, son ritornati i ragazzi dell'"Altrove", con la loro interessante e ricca iniziativa in pellicola, "Intolerance". Stavolta con sottotitolo "Cold War", dedicata al confronto tra le cinematografie statunitense e sovietica durante la Guerra Fredda. Insomma, la "Cineteca Griffith" è di nuovo tra noi e ieri, in seconda serata, ci ha presentato il regista russo (l'altrieri sovietico, oggi ucraino) Grigorij Naumovič Čuchraj. "Ballata di un soldato" è un film del 1959 dove, all'ode retorica del soldato fedele patriota, s'accosta l'elegia pacifista di chi non comprende la follia bellica.
Moto fatuo
I passaggi da casa di Santa Brigida sono sempre fruttiferi. Talvolta i raccolti sono persino succulenti. Qualche giorno fa, un cofanetto è stato visto attraversare via Balbi in direzione sala Valéry...si tratta di una collezione DVD dello statunitense Jim Jarmusch, di cui "Permanent vacation", del 1980, rappresenta l'opera prima, già rivelatrice della stilistica del cineasta indipendente.
Risibili epocali
In questo mese di ottobre, complici le ferie in città, la Sala Valéry ha spazzolato un bel po' di buon cinema. Dal prezioso archivio di Mino, una decina di giorni or sono, è stato estratto "A est di Bucarest", film romeno diretto nel 2006 dall'allora trentenne Corneliu Porumboiu. Opera prima che ho apprezzato per intelligenza e ironia, una leggerezza non sprecata che coinvolge anche il piano visivo.
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