Il secondo film proiettato domenica scorsa, nella libertaria sala...Senarega...o Freddi (decidete voi), è stato "Gattaca" (inutile sottotitolo italiano: "La porta dell'universo"), scritto e diretto nel 1997 dal neozelandese Andrew Niccol. Come indicato dal curatore della rassegna, i temi sono quelli della genetica e, ridiscendendo le pendici dell'idiozia umana, del razzismo.
Pellicola dal cast notevole e capace di avvolgere in una cupa atmosfera, tagliata da trasversali in fuga, celebra l'immaginario individualismo statunitense (come ogni Hollywood che si rispetti) e mette alla berlina alcune colpevoli discriminazioni e aberranti ideologie assurdamente adottate qua e là.
Il tempo trascorre piacevolmente lungo questo giallo all'ombra di Titano. Le riflessioni suggerite ci sono, con irruzioni tipiche del cinema americano spiccio che, tutto sommato, riescono soltanto a soddisfare un maggior numero di spettatori, senza inficiare eccessivamente la solidità della pellicola (anche se, le parentesi metaforiche della nuotata spinta all'estremo largo, sono piuttosto appiccicose).
Chi non si raccapezza nella forza dei sentimenti, lontano da formule e assiomi, deve obbligatoriamente fare la faccia dura e appellarsi alle solite stronzate che gli portino vantaggio. E' capitato e capiterà. Speriamo che su Saturno (e satelliti) ci siano forme di vita più evolute.
Come sempre, grazie a Freddi ed al "Grimaldello". Avanti così, liberi e fieri di essere invalidi. A domenica.
(depa)
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