Altra serata di cinema libertaria, ieri, in piazza Senarega. Il secondo doppio appuntamento ha previsto, in prima battuta, "Viaggio allucinante" (t.o. un più blando "Fantastic voyage"): diretto nel 1964 dallo statunitense Richard Fleischer, è un percorso visio-scientifico (ma sì, fusione visionario e scientifico, no?) alla scoperta dell'invisibile complessità dell'organismo umano (almeno ad occhio nudo).
Dopo la consueta corretta, e anche un po' incazzata, nota introduttiva di Freddi (la medicina nell'epoca contemporanea, i suoi limiti etici superati senza imbarazzi), sul lenzuolo bianco si inseguono i titoli di testa che ben introducono all'allucinazione collettiva e deviante. Per la tecnologia, per il progresso, questo ed altro! Tutti concentrati, o con occhiali spessi e cartellina, o con camice bianco e qualche apparecchio sconosciuto, c'è un'intera industria che sta lavorando per noi. Suoni di marchingegni (radar?) perennemente in funzione, spie luminose che lampeggiano da sempre. Si può dormire sonni tranquilli. Tutti tranne la cavia di turno, of corse. L'occhio dello scienziato in coma, manomesso da mani guantate, rileva già una prevaricazione, una morbosa violenza: irresistibile quanto istituzionale. Il clima (regime) di ipertecnologia imperante ci fa perdere di vista la giusta direzione, obnubilati da spettri verdi e gas rosa, ultra colori cui assistiamo come in spiaggia a San Lorenzo ("Protor...suona meglio di UB##, no?"). Film di sola propaganda, come dice Freddi? Forse sì, se come ribadisce ancora a fine visione: "se la critica c'è, è involontaria". In effetti, come dargli torto: se, per irridere la sfera militare, la critica deve accontentarsi di un "Appena usciti di tintoria!", possiamo iniziare tutti a preoccuparci.
(depa)
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