Porno-carpa

Lunedì scorso è stato "Erotico" al Teatro Altrove, come già scritto. Il secondo appuntamento in 35mm è stato con Shōhei Imamura (1926-2006), regista cresciuto dai grandi autori della Terra del Sol Levante, ma deciso a scuotersi la polvere reverenziale di dosso per partecipare alla Nuova Onda giapponese. "I pornografi: introduzione all'antropologia", del 1966, colpisce per spregiudicatezza e convince per bellezza. Mix d'orrore e ironia, che in effetti viene sempre bene agli artisti che vengono da laggiù. Da vedere.

Da vedere proprio tutto. Dall'introduzione da film misterioso, che m'ha ipnotizzato come un gioiello oscillante tra curiosità e bianco e nero (fermo immagine: i due davanti allo specchio); passando per i titoli di testa in cui c'è un sorriso e tanta vita, là davanti, dietro alla loro cinepresa.
1966: Imamura finalmente ha una sua casa di produzione, basta imposizioni. Può creare pellicole sofisticate e, soprattutto, dall'atteggiamento graffiante, sfacciato. Ci sono scene in cui risalta la gioia del regista nel permettersi i suoi "capricci"; quindi ecco il voyeurismo verticale dietro ad una porta oscillante; le sequenze oltre l'acquario (con tanto di audio ovattato). Un'inquadratura, un'avventura: ecco Imamura.
Tocco delicato nel mettere nere frattaglie sul banco del reparto uomo ("Non seguite quella corpa"); persino quando materiale pedoporno. Scuola d'affascinanti contrasti, mitici japs. Anche perché vita vera lo è, se è. Quindi di antropologia effettivamente si tratta.
Sul finale parrebbe che i demoni del rimorso conducano ad una follia pulp (rockeggiante), invece sarà soltanto un delirio di bambole di plastica.
(depa)

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