Tra la vittoria all'ultima edizione degli Oscar e le roboanti locandine ("Di gran lunga il miglior film dell'anno", ma come diavolo...?!), io ed Elena abbiamo avuto ben poche chances di scansare "Il caso Spotlight" , diretto da Tom McCarthy. Niente di grave, poiché questo ottimo film d'inchiesta ha meritato i riconoscimenti, grazie all'ottima caratterizzazione dei personaggi e al ritmo elevato, che poi è quello della scalata alla verità, quindi della rabbia.
Caspita se non perde tempo, questa pellicola. Nel minuto circa introduttivo (prima del titolo in sovraimpressione, tanto per capirci), già si stringono i pugni. Poi l'inchiesta prende piede, sospinta da giornalisti determinati e vittime ferite. Assieme alle figure negative (eufemismo), spicca la costruzione dei personaggi, avari di parole ed espressioni inutili, ingranaggi sine qua non di un meccanismo che tempo atroce per due ore filate. Il nuovo direttore, ogni membro del team Spotlight, l'avvocato infingardo (anche se). Sul piano cinematografico, sono riscontrabili pochi difetti.
Ora, siccome Il Cinerofum è un blog personale, su cui posso scrivere un sacco di stupidaggini, passo al contenuto. Poco da aggiungere. L'inchiesta porta ad un quadro devastante. Si tratta di preti che prendono in mano il cazzo di bambini. Nient'altro. Un fatto vergognoso per chiunque, figurarsi per dei messaggeri di dio. Si tratta anche di esponenti della Chiesa e non che insabbiano, contaminano, distruggono prove. "Se serve una comunità per proteggere i bambini, ne serve una anche per abusarne". Pesante. Semmai, la pellicola fa riflettere su quanto siamo ancora indietro col raggiungimento di un qualche progresso civile. Si è dovuto aspettare il 2016 per fare questo film. Eccolo il vero potere secolare della Matrigna Chiesa. Il prestigioso premio assegnato, se deve essere apprezzato come gesto di frattura e in nome di un rassegnato "meglio ora che mai", non porta indietro le lancette. Vergogna. Alcuni diranno che "non tutti" e io risponderò che non è questo il punto.
Il punto è che si è sempre saputo, "però forse chissà". Inutile ricordare che nell'immaginario comune qualcosa s'è sempre insinuato. Però non s'è scavato (con gli zingari l'opposto: rapiscono davvero i bambini. Prove, dati?). La spiritualità è una pietra nera. La "crisi del voto di castità" apre scorci inquietanti. Addirittura si offre una spiegazione. Il vero dramma è l'accettazione, la rassegnazione, l'inerzia che attanaglia le nostre coscienze. Tutti sanno ma va bene così. Nella frase "tutti sanno questa storia tranne noi che lavoriamo lì dentro" [Al Boston Globe], si nasconde un atto d'accusa contro tutti noi, come nella "svista" del vice-capo-redattore, anni prima. Quindi ben vengano pellicole premiate e discusse che siano dinamo di una denuncia (rabbia, rivalsa, il perdono lo lascio ai preti) che vada al di là dello scenografico scatto d'ira davanti ai colleghi. Ricollegandomi al film, tutto sta proprio nel "non dire alla nonna la verità, poiché va tre volte alla settimana in chiesa". Perciò, aggiungo io, nessuno ha bisogno della Chiesa, tranne essa stessa, anzi.
Inciso che mi sgorga: strano come nelle curve, invece, siano sempre tutti, anche quando: "come fai ad andare ancora allo stadio, con tutto il marcio?!", misteri della fede che fanno sì che, chi applica la ragione nel giudicare le malefatte dell'istituzione più diabolica della storia dell'umanità, ne risulterà una persona matura; mentre parlando di stadio sarà un illuso (se non un teppista). Il punto è che dire che si è cattolico sta bene e dire che "non ci vado più per disgusto" sottende solo una gran voglia di non muovere il culo e di starsene al caldo sorridendo a quella tettona che ora, udite udite, sta col portierone (ma è anche "molto simpatica"). Fine inciso sgorgante.
Tutto il film è agghiacciante, duro, vero e asciutto. Come il finale.
(depa)
Ora, siccome Il Cinerofum è un blog personale, su cui posso scrivere un sacco di stupidaggini, passo al contenuto. Poco da aggiungere. L'inchiesta porta ad un quadro devastante. Si tratta di preti che prendono in mano il cazzo di bambini. Nient'altro. Un fatto vergognoso per chiunque, figurarsi per dei messaggeri di dio. Si tratta anche di esponenti della Chiesa e non che insabbiano, contaminano, distruggono prove. "Se serve una comunità per proteggere i bambini, ne serve una anche per abusarne". Pesante. Semmai, la pellicola fa riflettere su quanto siamo ancora indietro col raggiungimento di un qualche progresso civile. Si è dovuto aspettare il 2016 per fare questo film. Eccolo il vero potere secolare della Matrigna Chiesa. Il prestigioso premio assegnato, se deve essere apprezzato come gesto di frattura e in nome di un rassegnato "meglio ora che mai", non porta indietro le lancette. Vergogna. Alcuni diranno che "non tutti" e io risponderò che non è questo il punto.
Il punto è che si è sempre saputo, "però forse chissà". Inutile ricordare che nell'immaginario comune qualcosa s'è sempre insinuato. Però non s'è scavato (con gli zingari l'opposto: rapiscono davvero i bambini. Prove, dati?). La spiritualità è una pietra nera. La "crisi del voto di castità" apre scorci inquietanti. Addirittura si offre una spiegazione. Il vero dramma è l'accettazione, la rassegnazione, l'inerzia che attanaglia le nostre coscienze. Tutti sanno ma va bene così. Nella frase "tutti sanno questa storia tranne noi che lavoriamo lì dentro" [Al Boston Globe], si nasconde un atto d'accusa contro tutti noi, come nella "svista" del vice-capo-redattore, anni prima. Quindi ben vengano pellicole premiate e discusse che siano dinamo di una denuncia (rabbia, rivalsa, il perdono lo lascio ai preti) che vada al di là dello scenografico scatto d'ira davanti ai colleghi. Ricollegandomi al film, tutto sta proprio nel "non dire alla nonna la verità, poiché va tre volte alla settimana in chiesa". Perciò, aggiungo io, nessuno ha bisogno della Chiesa, tranne essa stessa, anzi.
Inciso che mi sgorga: strano come nelle curve, invece, siano sempre tutti, anche quando: "come fai ad andare ancora allo stadio, con tutto il marcio?!", misteri della fede che fanno sì che, chi applica la ragione nel giudicare le malefatte dell'istituzione più diabolica della storia dell'umanità, ne risulterà una persona matura; mentre parlando di stadio sarà un illuso (se non un teppista). Il punto è che dire che si è cattolico sta bene e dire che "non ci vado più per disgusto" sottende solo una gran voglia di non muovere il culo e di starsene al caldo sorridendo a quella tettona che ora, udite udite, sta col portierone (ma è anche "molto simpatica"). Fine inciso sgorgante.
Tutto il film è agghiacciante, duro, vero e asciutto. Come il finale.
(depa)
"Davanti a questa [l'assassinio di Pier Paolo Pasolini], come a molte altre tragedie, riaffiora quell'atteggiamento che fatalistico e rinunciatario nel chiedere la verità a cui siamo stati educati [...]. Con l'indispensabile corollario di dipingere come anime belle - o, peggio, invasate - tutti coloro che si ostinano a pretenderla"
RispondiEliminada Marco Tullio Giordana (Pasolini - Un delitto italiano)
E ho scritto tutto.