Martedì scorso sono andato al City per l'ultimo dei Fratelli Coen. Mi farebbe piacere che qualcuno che bazzica sul 'Rofum andasse a vedere "Ave Cesare!", così da sapere un po' che ne. Bizzarria geniale o accozzaglia sbagliata? "Un minuto stavo bene, un minuto stavo male" diceva un vecchio lupo di Molassana; ora sembra prevalere un acume fuori dai canoni della maggioranza delle produzioni cinematografiche, ora la più classica ironia senza pretese. Arduo stabilire se il discorso alto, impostato dai due Fratelli, non passi attraverso alcuna caduta di tono o, come dice Marigrade, nessuna insistenza. Ma ancora Lei prosegue (e "noi con Lei"): "avercene".
Montaggio nelle loro quattro mani. Fotografia solida ed elegante e sceneggiatura creativa e intelligente, come loro ci hanno abituato. Il gioco d'incastri tra epoche (quindi pensieri) diventa caleidoscopica visione. Ed è un piacere veder scorrere questa critica accorata , questo tributo acido, al cinema, alle strade intraprese. Ma arriva una sequenza che mal s'amalgama (il sommergibile su tutte) e m'assale il dubbio di non essere preparato (è un bene, dopotutto, che capiti ancora e sempre). Alcune battute riuscite, altre da fredda reazione. Sicuramente la capacità di orchestrare strumenti e generi dei Fratelli è grande. Il ritmo è alto e la costruzione dei personaggi è ottima: il protagonista "tuttofare" dell'industria cinematografica, l'attore narciso per costruzione (ma capace e...sensibile), la primadonna sola e frustrata, l'innocente semplicità del cowboy americano (o l'attore imbranato che lo interpreta). Tutti caratteri che rendono accattivante ogni sotto paragrafo. Scene come la tenzone religiosa sono piccoli gioielli di scrittura cinematografica (nuova? Woody?), altre risentono di una certa prolissità (quella altresì azzeccata dei marinai). Poi l'atmosfera, altro marchio d.f. dei due autori di St. Louis Park, è una Hollywood metà del secolo scorso che si può toccare e respirare.
Molteplici piani e linguaggi e immagini multicolori pronte a coccolarci come in passato (la coreografia synchro acquatica), a rappresentare il carrozzone delle nostre vite (siano spettacolo o no). La cultura e la coscienza di oggi come summa di tutta la storia passata, con le sue mille trame ed alcuni tratti dominanti (ahimè sarebbe potuta andare meglio).
Un piccolo Lebowski senza THC, quindi meno visionario e più scattante: pazzo uguale. La storia travolta dal cinema, quest'ultimo in balia della storia, a raccontare questa vita che è un film. Non certo perfetto, ma da tenere lì e leggervi sempre qualcosa, basta farlo ruotare di un poco.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento