Avantièri sera erano in ballo un po' di cose; tra musica animista coreana e film albanesi, però, hanno avuto la meglio Comencini, Gassman e Genova. Infatti, al Cineplex davano "La tratta delle bianche", cupa pellicola del 1952, in una Superba disperata e in macerie, pertanto io ed Elena abbiamo attraversato l'expò...
Non verrà certo ricordato come il miglior esponente del filone nero del neorealismo, la voglia di emulare i connotati dei gangster movie d'oltreoceano non conduce a risultati compatti. Proprio per questo motivo, d'altro canto, emerge la caratura dell'interpretazione di Vittorio Gassman, più accorata e realistica di quella dei colleghi: che tiri un pugno, che invochi disperato o che racconti l'ennesima menzogna, tutto il corpo parlerà per la sua bocca.
Genova da borgata, lontana dai caruggi e dai moli, più sospesa tra un lido dalle acque tenute lontano dallo sguardo e un terrapieno che copre quasi tutta la porzione di cielo, lo sguardo è tutto per questi disgraziati in balia del peggiore. Il più infame fa strada e un Gassman cattivo come Al Cappon (magro), prima della parentesi hollywoodiana, è una delle chicche di questo film, assieme all'apparizione dello sferisterio del Lido di Genova, testimonianza rara di una passione basca sorprendente. Si trae gusto dagli scorci di una Zena sconosciuta, quindi, più che dall'intreccio a metà strada tra "Uomini con la pistola" e "Donne senza vesti".
L'introduzione di Renato Venturelli aiuta ad inquadrare in maniera corretta questo film, tenendo presente le considerazioni sopra riportate e a chiarire come, a proposito della scena cardine di questa pellicola, quella della maratona di ballo, non si possa parlare di plagio da parte Pollack (17 anni dopo). Tutta colpa di un McCoy del '37, passato di mano in mano in terra francese. I due balli, così diversi, distanti, vengono accomunati da quel "Fa proprio schifo l'umanità!".
Genova da borgata, lontana dai caruggi e dai moli, più sospesa tra un lido dalle acque tenute lontano dallo sguardo e un terrapieno che copre quasi tutta la porzione di cielo, lo sguardo è tutto per questi disgraziati in balia del peggiore. Il più infame fa strada e un Gassman cattivo come Al Cappon (magro), prima della parentesi hollywoodiana, è una delle chicche di questo film, assieme all'apparizione dello sferisterio del Lido di Genova, testimonianza rara di una passione basca sorprendente. Si trae gusto dagli scorci di una Zena sconosciuta, quindi, più che dall'intreccio a metà strada tra "Uomini con la pistola" e "Donne senza vesti".
L'introduzione di Renato Venturelli aiuta ad inquadrare in maniera corretta questo film, tenendo presente le considerazioni sopra riportate e a chiarire come, a proposito della scena cardine di questa pellicola, quella della maratona di ballo, non si possa parlare di plagio da parte Pollack (17 anni dopo). Tutta colpa di un McCoy del '37, passato di mano in mano in terra francese. I due balli, così diversi, distanti, vengono accomunati da quel "Fa proprio schifo l'umanità!".
Per il resto, il commistione di stili, le citazioni (esplicita quella di "M" di Lang), le robuste ellissi (che accelerano il ritmo rinfocolando astutamente l'interesse dello spettatore) fanno di questa pellicola una tappa necessaria nel percorso di maturazione di tutti gli autori e attori in campo, Luigi Comencini in primis, Sofia Lazzaro (un'acerbissima Loren, la meravigliosa Pampanini pare sua madre) in secundis; solo l'umanità...non pervenutis.
(depa)
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