
Sin dalle prime immagini, sento che posso rilassarmi, talmente efficace e suggestiva è la sintesi compiuta dalle immagini introduttive: un gregge di pecore lungo una piccola strada poco frequentata, alcuni palazzoni grigi, assolati e spogli, all'apparenza deserti; un balcone, umile ma ordinato. Nulla di meno, né di più. Tocco delicato, quello dei due autori, mai unto, ecco perché un film leggero, come questo, può spingersi senza imbarazzo nelle riflessioni più opprimenti. In questo film, chi passa davanti al bar, è preceduto da tre bovini, e non saluta. Nature morte e quadri vivi d'Albania che oltrepassano lo schermo: il volto catatonico dinanzi al catodico; la luna striata; la mano che mescola il caffè nella tazzina; il sorriso della vecchietta dopo aver preparato un caffé. Un bar con delle storie attorno: bisogna saperlo fare. Pure i fuochi d'artificio sono incursioni nel buio, improvvisi colori d'illusione, emozionano, non commuovono. I personaggi sono ben studiati e curati: pure Beni, nella sua meschinità, rivela l'animo complesso di chi ha dovuto sommare le ore ai giorni; Juli, di cui è lecito innamorarsi ad ogni caffè, ha mille sguardi in ogni direzione, guidati col ritmo sinuoso di chi non è in attesa e non vuole andarsene.Anche il tragico finale è asciutto come il resto dell'opera, vodka liscia, d'un colpo, nessuna fanfara o coro. Per alcuni è un dramma tinto di speranza, vero; così come una commedia intrisa d'amaro; offerta speciale, rara, 2x1. Il momento più buio è al tramonto, con la sepoltura resa agevolata da lacrime non viste. Non resta che rassegnarsi all'autostrada, in attesa dell'autostop che, nel bene, nel male, scuoterà le acque.
Fare così, una pellicola, niente di più.
(depa)
Fare così, una pellicola, niente di più.
(depa)
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