Secondo appuntamento col "maledetto razzismo" al "Mainasso", ieri sera. Elena sostituisce la Benny Mignox e il prof. Sini si esibisce in una delle sue fugaci capate. Mulinello di brezza fresca in Santa Maria in Passione, scatole di wokeria in mano, bella atmosfera, tutti pronti per il cinema assieme. Sullo schermo andrà "Indovina chi viene a cena?", commedia radical chic per borghesi di vedute aperte, diretta dallo statunitense Stanley Kramer nel 1967.
Anche questa volta, l'intelligente introduzione alla visione e ai temi legati alla rassegna suscita riflessioni da tenere da conto. Dal razzismo manifesto, addirittura quello istituzionale e legiferato ("addirittura", come se qualcuno non parlasse di CIE "nella nostra terra che amiamo" o sparasse sui campi; teniamo gli occhi vigili), siamo passati a quello subdolo della mala idea sedimentata nei secoli, del sottopensiero fognario. Il pregiudizio è nipote dell'ozio e si scopa, di nascosto, quella bagascia della pigrizia. "Non sono razzista", i tuoi gesti quotidiani dicono il contrario. Che si fa?
E allora guardiamoci questo film, con due colonne avvolte da fama e credibilità sacrali sul palco (Katharine Hepburn e Spencer Tracy) e una regia, una scrittura, che ci tiene, senza smettere di ridere, ad affrontare con maturità il tema spinoso (duo biancanero, sai che roba). Basta non soffermarsi troppo sugli accenti sbagliati: è sempre una commedia hollywoodiana...I torbidi pensieri borghesi (si concede ai muscoli facciali di distendersi, alla luce dell'abat-jour, solo in presenza di un cursus honorum "lungo più di un braccio"; l'unica che la pensa in maniera sana ha, però, l'entusiasmo sospetto proprio dei bambini di 4 anni: sciocchina!). "Discorsi bellissimi" inframezzati da "paesacci africani". E' vero, rigorosamente John non avrebbe nemmeno dovuto rimettersi alla volontà dei genitori di Joey...Tempi immaturi, ancora; il bollino "Not suitable for children" (?) della locandina è indicativo. Ma accontentammoci, si era nel 1967.
E allora guardiamoci questo film, con due colonne avvolte da fama e credibilità sacrali sul palco (Katharine Hepburn e Spencer Tracy) e una regia, una scrittura, che ci tiene, senza smettere di ridere, ad affrontare con maturità il tema spinoso (duo biancanero, sai che roba). Basta non soffermarsi troppo sugli accenti sbagliati: è sempre una commedia hollywoodiana...I torbidi pensieri borghesi (si concede ai muscoli facciali di distendersi, alla luce dell'abat-jour, solo in presenza di un cursus honorum "lungo più di un braccio"; l'unica che la pensa in maniera sana ha, però, l'entusiasmo sospetto proprio dei bambini di 4 anni: sciocchina!). "Discorsi bellissimi" inframezzati da "paesacci africani". E' vero, rigorosamente John non avrebbe nemmeno dovuto rimettersi alla volontà dei genitori di Joey...Tempi immaturi, ancora; il bollino "Not suitable for children" (?) della locandina è indicativo. Ma accontentammoci, si era nel 1967.
Nella seconda parte Kramer sfodera qualche ripresa così vivace da sembrar fuor luogo (le riprese in automobile durante la boccata d'aria fresca dei due coniugi scossi; o durante la minacciosa tirata, di traverso, della tata).
Che la Hepburn si commosse sul monologo finale di Tracy, è facile a credersi, udendo le due stupende dichiarazioni conclusive (i due soli punti su cui Matt Drayton trovò da obiettare: vedeva benissimo cosa provava la figlia e, questo, in nulla è inferiore a ciò che provò lui, e ancora prova, per la moglie) ed essendo loro mitica coppia rosa viva e, lui, in procinto di salutare tutti, 17 fermate dopo.
Commedia di cui, purtroppo ancora, tocca prendere il lato buono, l'essere utilizzabile come primissima testa d'ariete contro ninnoli, camini e tappeti d'infame ipocrisia (la seconda incursione dovrà essere contro il meschino in canottiera, asserragliato nella sua casa popolare, lo sguardo truce a Youssef laggiù). Verranno altri film. Nel frattempo guardate questo celebre e decente.
(depa)
Il razzismo e' pero soprattutto e banalmente figlio dell'ignoranza. Lo vivo sulla mia pelle ogni giorno in questo paese che adoro e che e' pieno di cose e persone positive e meravigliose, ma nel quale si respira anche tanta ignoranza e in questa situazione il razzismo prende forma e piede facilmente. Un razzismo diverso dal nostro, per alcuni versi concepibile, per altri imperdonabile... (It's a long speach...) Strano dunque per me vedere questo film in un posto in cui "il negro" sono io. Ma in realta e' un attimo perche, come scritto da depa, la storia tratta di borghesi, una classe che qui in Giamaica non esiste e allora un confronto con la mia esperienza di vita attuale viene subito abortito.
RispondiEliminaPellicola che ebbe un impatto devastante per i tempi ed e' vero che fu "la primissima testa d'ariete" contro il razzismo e solo per questo, a mio parere, merita rispetto e le va perdonata qualche sbavatura idealistica. Da un punto di vista cinematografico: Spencer Tracy e' da 10 e il regista tiene sempre alta l'attenzione dello spettatore girando quasi tutta la pellicola in una stanza. Cioe' le emozioni dei protagonisti arrivano forte e chiare. Dai... alla fine merita la popolarita che ha.
Ps: https://www.youtube.com/watch?v=KWEGXb2juvM