Solo soletto in quel di Milano agostina, butto un occhio sul fido "Oberdan", che offre due film dei quali il primo è un italiano presentato con parole gentili, "Io sono l'amore", pellicola del 2009, diretta dal palermitano Luca Guadagnino. Titolo roboante che avvolge un film ambizioso quanto basta, tutto sommato capace di non sprofondare nella classica melma nostrana.
Leggo Rohrwacher e mi si gela il sangue, forse questa volta sono stato ingenuo: esco, non esco? Rimango dai, perché anche i titoli di testa raccontano una Milano spesso tenuta nascosta, elegante e silenziosa. Sono d'accordo: attenzione ai costumi ed alla scenografia, luci, colori, la fotografia riescono a rievocare atmosfere viscontee ('70 e '80), il suono a dar man forte nei momenti topici. Certo, l'esplosione dei sentimenti, disturbati a bassissima profondità, non è quella del grande artista lombardo. Ma il ritmo c'è, sino alla fine, e la bellezza algida e borghese di Tilda Swinton (ah, la rassegna allo "Spazio" era tutta per lei), Buddenbrook alla milanese cinque stelle, dona classe particolare. Tutto molto bene sino all'incidente inaspettato, che allenta un po' la corda, con tipici momenti da cinema scadente. Tra l'altro, la zuppa, come spesso accade (?), comporta una leggera forzatura; in seguito il racconto ritorna sui binari, alti tra l'altro (tipo metropolitana sopraelevata), con un finale ben gridato. Insomma, una confezione di Macarons col fiocchetto che è un bijoux, davanti al quale non viene mai voglia di voltarsi, due volte meglio dello standard italiano che spinge, a varie velocità, verso l'exit.
(depa)
(depa)
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