Due settimane fa, l'"Oberdan", prima di lasciarmi fuori a squagliarmi senza immagini davanti, mi salutò con un film intrigante, stranamente coinvolgente, simpatia per i magici anni londinesi dei Beatles, per quella spinta nuova, per Joe Orton e Kenneth Halliwell, drammaturgo tra coloro i quali pressarono contro la rete, in ogni caso. Il regista Stephen Frears, Leicester 1941, nel 1987, ci raccontò di tutto ciò, sotto forma di racconto biografico, e di ottima pellicola, pour moi. "Prick up".
E' stato proprio un bell'arrivederci, quello dello "Spazio". Al Cinerofum facemmo conoscenza del regista con lo spavaldo indipendente "My beautiful laundrette" (recensione? Wanted) e, ognuno per la propria strada, si sarà imbattuto in questo autore creativo e coraggioso, di carattere. "Prick Up" prosegue lungo la stessa strada. Supportata da due interpreti che toccano uno dei loro reciproci picchi, i londinesi Gary Oldman (allora meno che trentenne) e Alfred Molina, la pellicola resta su, su, con un crescendo dalla curva corretta, nonostante la rapidità fulminea degli eventi e del dramma. Titoli di testa asciutti e veloci, e via, la m.d.p. si destreggia che è un piacere: ecco un'altra stanza che rimarrà nei ricordi. La passione è un gioco che può far male, il disperato Hallywell lo sapeva, il povero John l'ha scoperto. Gli sguardi dissacranti, tenaci ma affettuosi, dei personaggi in scena, e del regista, al di qua, assieme alle musiche accattivanti ed alla fotografia compatta e determinata, permettono alla pellicola di raccontare quella carica eversiva individuale che a volte accelera, o almeno scuote, la solita, noiosa andatura sociale. Finale col più british degli humor neri, sarebbe piaciuto a quei due; scottati alla grande, sì, ma che fiammate...
(depa)
(depa)
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