Quando c'è notte nel cinema italiano

Tra Dubai e Malpensa, cinque ore e mezza sono tante. Il libro sta per finire e allora, dai, guardiamo quei due film italiani proposti dall'ampia selezione in lingua originale. Il primo è l'ultimo film della regista romana, classe 1956, Cristina Comencini (pelle d'oca e vergogna): "Quando la notte" (2012). Ricordo ancora, in TV, la reazione stizzita della regista alle polemiche (alle risate) seguite alla prima del film al Festival di Venezia. Ma...quindi? Fammi capire Cristina: volevi lo scroscio di applausi? Beh, beccati 'sto sciacquone.
Regìa ambiziosa, urka. In proporzione inversa con il risultato. E' quello il guaio. La regista non fa il minimo sindacale, umilmente, no. Si lancia in inquadrature che vorrebbero evidenziare ma che, invece, dimenticano, maldestramente. Addirittura, tra madre e figlio, durante un affettuosissimo bagnetto, al centro della scena, si trova a far capolino niente popò (...) di meno che un rotolo di carta igienica.
E mettiamola così: non so in quale momento la sala veneziana sia scoppiata, inaspettatamente, a ridere. Però provo ad elencare le mie supposizioni:
- quando quel raggio bianco passa davanti agli occhi della Pandolfi (si prova fin pena nel vedere gli attori costretti a recitare queste parti), simbolo del cedimento? Una sorta di "Shining" nostrano, con la pancetta al posto del bacon?
- quando Claudia Pandolfi esclama "Ma perché non dicono mai quanto è difficile!?" (..avere figli, NdC)
- quando la protagonista si è fermata sul crinale, permettendo alla m.d.p. di esibirsi in un affascinante volteggio tra/su più piani?
- quando il protagonista, in ospedale, autentica tragedia, racconta il proprio amore? Oppure quando i due innamorati si alitano addosso su quella ultima, tristissima, scena sul pullman?
Insomma, a me ha fatto molto ridere.
(depa)

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