Muto bianco e nero RAPIDO

Venerdì scorso, allo spazio Oberdan, io ed Elena siamo usciti per non pensare troppo alla giornata che c'attendeva, Varese spaventava (a torto, col senno di poi) e, allora, meglio della vicinanza dell'amico Cinema non c'è. Figurarsi se, in più, questo nostro caro ci permette di conoscere un nuovo illustre della Settima: il romano Mario Camerini (1895-1981) fu una delle prime grandi firme del cinema italiano e, nel 1930, realizzò un film che cattura l'attenzione dello spettatore per la forza e la bellezza delle immagini; "Rotaie", con l'ausilio di un sonoro moderno, è una vera chicca per gli appassionati.
Certamente la trama non è il pezzo forte della pellicola restaurata, come, a mio parere, non lo è la recitazione dei due protagonisti (Maurizio D'Ancora e Käthe von Nagy), in grado, in verità, di altalenare momenti di forte espressività e altri di eccessiva teatralità. La vera protagonista di "Rotaie" è l'originalità stilistica del regista, il senso del ritmo (avrà fatto il suo anche il sonoro progressive, che calza a meraviglia) che emerge da un montaggio accattivante, la sua audacia nell'esibirsi in inquadrature che, seppur alcune delle quali apparendo ingenue, conservano il fascino dell'opera di un sincero appassionato della propria arte (all'inizio, quando i due escono dall'hotel e s'incamminano raso al muro, sotto la pioggia, la m.d.p. si ferma e cede il movimento ai passanti, sincornia perfetta). E, comunque, le dissolvenze accademiche portano a casa il bottino senza far storcere il naso (quelle tra le rotaie o sul tavolo da gioco)..
Le linee delle rotaie che suggeriscono un po' tutti i concetti possibili: infinito, progresso, incomunicabilità, distanza e adiacenza...trovano un fedele compagno nell'immaginario suggerito dal Dio Denaro, che deve essere adorato un po' così, a mo' di chiacchiera da bar, un pour parler che non deve mai farci deragliare e dimenticare che, se ci sono due begli occhi che amano col cuore, vale la pena di non perdersi tra le fiches.
Finale un po' retorico ma non è forse vero che un lavoro può dare la serenità cercata? Chiedetelo a chi non ce l'ha.
(depa)

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