Fuga di mezzanotte

Cine-Incontro XXXI:
Ueila 'rofumarci! Come state? Che strano il nostro "circoletto"! Ieri pochi intimi, con due new entry: Tommy ed il suo compare a quattro zampe Peco. Benvenuti. Quindi, i presenti: Io, Elena, Tigre ed i già detti. Pasta al pesto (da Celle) e vino rosso Corvo. Via, possiamo partire; non sappiamo che scegliere, scorriamo i film e sono folgorato da un'idea: perché non spararci "Fuga di mezzanotte" di Alan Parker (del 1970)? Nessuno l'ha visto (tranne il sottoscritto, senza finirlo, spronato dal Tony ai tempi del Naviglio Pavese), aggiudicato.

Il film parte come pochi, al ritmo del battito del cuore del protagonista che s'impenna o rallenta in base allo svolgersi degli eventi sullo schermo. I primi 10 minuti sono davvero ad alta tensione. Ma tutto il film lascia ben pochi momenti di respiro. Merito del regista, e dei due Oscar del film: Oliver Stone alla sceneggiatura e Giorgio Moroder alle musiche.
La storia è tratta dal racconto, autobiografico, scritto dal sessantenne newyorkese americano Billy Hayes (coadiuvato da William Hoffer), con alcune distorsioni: il prigioniero fu solo nella detenzione; la fuga finale non avvenne come raccontata nel film; il protagonista subì qualche cosa di meno nel carcere turco; non compì proprio tutti i gesti "forti" (non voglio levare nulla chi lo vedrà) e soprattutto, nella realtà, il ronzio della propria ragazza fu molto più forte nella testa del malcapitato protagonista.
"Ritmo Battito Cuore" potrebbe essere il secondo titolo del film. Ansia da frontiera, da terra e lingua straniera. "Non ne vale la pena", "Non fatelo" altri possbili titoli.
I co-protagonisti sono molto abili nel dar forma ad un gruppo senza luogo e tempo, sospeso a mezza altezza nel polveroso cortile del carcere turco, il motore speranza è ormai un catorcio arrugginito buttato in disparte. La pazzia e l'impotenza pervadono la sala Uander.
Fantastico come il film riesce a riproporre gli attimi di suspence delle sequenza inziali anche nel finale. La scena in cui Billy è indeciso sul da farsi davanti al secondino a terra fa chiudere gli occhi e mettersi le mani sulle orecchie, non male come cinema!
Il sessantenne regista inglese è qui alla quarta realizzazione (altri suoi sono: "Saranno famosi", "Mississippi burning", "The commintments", "Evita" ed uno 'sconosciuto' "Pink Floyd The Wall"...), dovremmo approfondire.
All'attore protagonista un pensiero: sta lassù, tra i morti di AIDS, dal 1991, a 42 'SanSilvestri'. Noi del Cinerofum gli dedicheremo un extra fassbinderiano dalle parti di "...de Brest" (1982).

Io da solo, invece, nelle ultime parole proiettate in rete, disegno solo gli ultimissimi nomi di chi con gli errori interpretativi della funzione educativa e/o punitiva delle carceri, ci ha perso la vita: Stefano Cucchi, Giuseppe Saladino, Federico Aldrovandi...Bolzaneto '01.
Nessuna argomentazione qui poiché m'irriterebbe vedere certi temi sotto un film d'intrattenimento più che di denuncia; interpretate quei nomi come una scintilla, una molla, un trampolino da cui gettarsi nella rete, nell'informazione; sono certo che lo stanno gridando.
(depa)

2 commenti:

  1. Carissimi RofuMarci.
    Questa volta il mio giudizio personale si discosta leggermente da quello espresso del Direttore nell'editoriale appena sopra. Mi pronuncio dando un definitivo 23/30. Il voto alquanto basso, anche se nella mia carriera universitaria tale voto rappresentava una chimera, è dovuto esclusivamente ad una scena in particolare. Mi riferisco a quella scena in cui il protagonista si lascia andare ai piaceri della carne concedendosi CONSENSUALMENTE ad un rapporto omosessuale. Ovviamente non ho nulla in contrario, ma il fatto di mostrare sullo schermo una scena in cui due uomini, unti dalla testa ai piedi, si toccano come se fossero protagonisti del più rosa tra i romanzi rosa, in un film in cui si parla di carcere duro, dove vengono strappate lingue a morsi, mi pare del tutto fuori luogo. Smaronata.

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  2. Grande Taigher, tre giorni per scrivere questo grande commento...ahaha
    Pensavo fossi serio, poi ho pensato stessi scherzando, poi ho capito che eri serio.
    Come detto a voce, quella scena (tra l'altro di non più di tre minuti, "u-ottro" inquadrature), mi sembra che corrisponda alla volontà del regista di menzionare una componente che di in un carcere è parte integrante, cioè l'omosessualità. Figurarsi in un carcere degli anni '70, in Turchia...
    Anzi, mi fai venire voglia di girare una bella frittatona e lanciarla in aria: il tema è sfiorato con troppa superficialità. La scena, quello sì, è stata messa lì a mo' di Post-It.
    a presto

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