Vertigo - La donna che visse due volte

Cine-appuntamento XIX:
Ieri sera al Cinerofum finalmente è entrato in scena Lui: Alfred Hitchcock. Il maestro del brivido ma soprattutto dell'innovazione, della sperimentazione (e vedremo quant'altro).
I soliti irriducibili ieri sera in sala Uander: io, Ele, Tigre e Albert D'Aporty. Dopo un piatto di "Pici Cacio e Pepe" si parte nell'indecisione generale. Ma alla fine non c'è dubbio: per non rischiare di lasciarci vincere dalla stanchezza accumulata nella giornata, decidiamo "Vertigo - La donna che visse due volte"(1958).
Allora, diciamo subito che la motivazione per cui è stato scelto il film si è rivelata azzeccata sì...e no. Ma andiamo con ordine.
Parte subito alla grande questo film: titoli iniziali che lasciano il segno, la solita leggiadria del regista americano nello scivolare ed entrare -uscire dal corpo umano...lo spettatore viene infilato nell'occhio di una donna dal volto inquietante, dopo varie spirali allucinati (in cui sono elencati tutti i partecipanti al film) si viene rispediti all'esterno accompagnati dal nome del regista...wow! Tanto per capirci, i titoli di "James Bond" arrivaranno qualche anno dopo...
Il regista, come negli altri suoi film, è un Archimede con la cinepresa, i suoi "camaleontici" stacchi, i suoi carrelli montati in punti impensabili...
I primi fotogrammi sono splendidi: inquadratura strettissima su una sbarra, una mano che vi si aggrappa e la telecamera che scappa all'indietro. Clap Clap.
Per tutto il film una Frisco indimenticabile, una fotografia d'autore (quegli alberi imponenti, il Golden Gate, "ideale per un delitto", A.H.) e una Kim Novak da "libidine coi fiocchi"...
Poi la trama...ecco appunto. E' questa, in particolare il finale, che ha fatto storcere il naso a noi abituati all'esplosione nucleare nei titoli di coda (dai, provoco un po'). "Daiii, non può cadere così!!", ma ancora prima "Non riesco a capire dove vuole andare a parare", cioè: in qualche attimo lo spettatore è un po' lasciato a sé stesso. E nemmeno c'è la suspense respirata su quel cortile. Un'altra critica che aleggiava nell'aria è la scarsa introspezione psicologica dei personaggi, ma è anche vero che eravamo reduci dall'Accattone...
Ripensandoci però, emergono i punti di forza del film ("eh però vedete?...quanta materia per discussioni?!" Tigre a fine proiezione): le parti di animazione (il mazzo di fiori che si disfa, la faccia del povero Stewart, con un ciuffo degno di mio nonno da giovane, che gira a mo' di Joker nei telefilm di Batman & Robin e PIM PUN ZAC) fanno sì sorridere ma denotano un CORAGGIO (ormai sapete quanto io lo apprezzi) ed una tensione verso l'invenzione, la creazione e l'anticipazione che devono essere apprezzati.
E forse non è nemmeno vero che Hicth non ci mostri ciò che sta dietro alle maschere. Tutto sommato la vicenda vissuta dall'ex agente John Ferguson è tale proprio perché lui ha subito quello shock un po' di anni prima...quindi il regista ci gioca e come sullo stato psicologico del protagonista, come anche su quello della sua controparte femminile. Eh! S'innamora, c'è poco da fare: è combattuta, soffre (d'altronde c'è la galera...) ed infine cade (letteralmente).
E' inutile, qui c'è da dibattere per sramare il primo impatto e renderlo levigato e consolidato, come l'oggettività...ah ma no, giusto: questo è CINEMA.
Quindi movimento; e pensate davvero che al nostro interno si muova tutto allo stesso modo?
Da vedere per parlarne.
(qui "parlarne" si legge scriverne...)
(Depa)

3 commenti:

  1. Materia per la discussione a bizzeffi.
    La particolarità di Alfred sta nel costruire la storia piano piano, particolare dopo particolare, incastrandoli l'un l'altro sino alla costruzione del mosaico finale. Questo, (il mosaico) appare completo solo alla fine e mai prima. La sfida che lancia al pubblico è trovare l'inghippo, l'anello debole, la cazzata. Ovviamente lo spettatore in questo è sempre sconfitto, anche se a volte pare essere sulla buona strada. Adesso voglio lanciare una bomba: come si spiega la scena in cui la Novak entra nella casa di legno, sale nella sua camera e si affaccia alla finestra. Stewart la vede dalla sua macchina, entra a sua volta in casa, chiede spiegazioni alla vacchietta in guardiola la quale nega, con assoluta certezza, che la bionda signora sia appena rientrata nelle sue stanze.I due salgono nella stanza ed effettivamente della biondona nemmeno l'ombra. Come ha fatto ad uscire? Ricordiamoci che lo spettatore in questo gioco è sempre sconfitto.

    Non è tra le migliori opere del regista, ma comunque si conquista un posto ad alta quota nella mia personale classifica.

    "Quando ad Hollywood per caso capitai ad un pranzo con Kim Novak non andai" (Il dritto di Chicago)

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  2. La vecchia è una stordita, la biondona è salita e poi è fuggita da un'uscita secondaria.

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