Al sabato, di tardo pomeriggio direttamente al Cinema (prima fila, laterale destra) abbiamo, io e la mia metà, assaggiato e gustato sino in fondo l’ultimo film di Sergio Rubini. "L’uomo nero" (2009). Il regista ormai ha trovato il suo stile, molto legato alle sue origini e alla sua terra, in analogia con la mia in cui processioni, illuminazioni e bande non mancano mai. Credo di poter affermare con certezza (o quasi) che questo fosse il migliore tra i film offerti ieri sera al cinema Apollo di Milano. Resta il fatto che riuscire a vedere un film al cinema è diventato un'impresa, infatti ormai non conto nemmeno più le volte in cui ho dovuto fare i quarti d’ora di fila con l’occhio teso verso il numero di posti liberi. Mi verrebbe da dire: “Ma cos’è questa crisi paraparapa, ma cos’è questa criiiiisi!” (Elio).
Tornando al film, posso dire che scorre molto gradevolmente, non annoiando mai lo spettatore e in un paio d’occasioni riesce ad ottenere lo scoppio di risa di gran parte della sala. Anche il cast fa la sua parte, infatti tra tutti, oltre al protagonista Rubini, spiccano Valeria Golino e Riccardo Scamarcio con due ottime interpretazioni. Il film narra la storia di Ernesto Rossetti (Rubini), capostazione ossessionato dall’arte, con particolare devozione all’opera di Cézanne. Il regista sceglie così di raccontare una storia incastrata nell’arte, proprio come il suo precedente film. Colpo d’occhio a mio parere molto meno riuscito dell’ultimo. Ho sgamato altri temi già visti nei sui lavori: le visioni dei nonni, ormai passati a miglior vita, da parte del piccolo Gabriele, mi hanno ricordato "L’anima Gemella". Lo strappo del dente, come facilmente prevedibile, mi ha ricordato...La scena in cui si vede sfilare la processione rassomiglia molto a quella vista nel suo primo film di successo "La Terra". A parte quella delle visioni del bambino, il resto sono scene molto brevi che non mi consentono di mettere il regista in quella categoria, così inutile, dei ripetitivi privi di idee. Il giudizio finale è estremamente positivo, ma il regista potrebbe fare di più.
(Ossy)
Uhm...lo guarderò. Anche per farmi un'idea più precisa del film...Non conosco Rubini regista ma il Taigher me ne sta parlando molto e bene, quindi provvederò.
RispondiEliminaSono d'accordo, film piacevole. Che narra una storia di sogni al limite delle ossessioni; di passione che mette a dura prova la stabilità di una persona; stabilità la cui definizione, nei paesi di provincia, è affidata al moralista di turno, al bacchettone auto-erettosi difensore di un'etica spessa quanto una pasta fillo. In questo caso il giudizio è di tipo artistico, quella Critica che, spesso, non si riesce ad incassare razionalmente (se ha le sembianze di colpo assestato).
RispondiEliminaForse c'è un'aritmia un po' troppo evidente tra gli ultimi 15 minuti del film e tutto il resto; ma il risultato finale non ne risente oltremodo.
Scamarcio più abile della Golino che, passano le pellicole, mi sembra sempre più affezionata (ferma) al ruolo di languida-malinconica. Saranno i suoi bellissimi occhi.
Il finale corre sul burrone della banalità; ma ieri sera m isentivo buono.
In definitiva un bel quadretto dalle tinte bianco-arancio-gialle dell'estate pugliese.
Ciaps.
ps: ma cosa sussurra Ernesto al figlio sul letto di morte nella prima scena??? (tema: "Ma i registi LI risentono?")