Non si può aspettare oltre. Il successo del film è troppo grande ed è quindi Necessario scrivere l’immancabile recensione. Quando parlo di successo del film, mi riferisco a quello ottenuto in sala Uander e non quello, tra l’altro mancato, avuto dal film alla sua uscita. "Accattone" è il primo film diretto da Pier Paolo Pasolini (complimenti per la partenza). Leggendo alcune informazioni nella rete ho scoperto un bellissimo aneddoto. Uscì in Italia nel 1961 e nello stesso anno fu presentato alla 26ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia; qui la proiezione fu interrotta per circa un’ora, a causa dell’intervento di due giovani neofascisti che si esibirono in un lancio di finocchi e inchiostro nero verso lo schermo cinematografico. Oltre a questo vomitevole gesto, il film ha subito anche la falce della censura. Il capolavoro fu ritirato da tutte le sale italiane. A tutto questo si aggiunse la beffa: nel 1962 il film fu presentato al Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary (Repubblica Ceca), qui vinse il primo premio per la regia. Italiani, gente per bene.
Per tornare al film in se, è la storia di un giovane romano, soprannominato Accattone, che per sbarcare il lunario è costretto a far prostituire la sua donna. Chi non ha visto il film a questo punto potrebbe dire che un titolo più azzeccato potrebbe essere Magnaccione ma questo termine è limitativo. Un’ora e quarantasette minuti di pellicola cinematografica in cui sono condensate sei ore di film, o addirittura sei film. Ritmo… incalzante a tal punto da farmi sentire come un pugile della categoria pesi piuma contro un peso massimo, sfiancante. Mai prevedibile o scontato. L’ambientazione è sconvolgente, pare si essere a Sepino e invece no, siamo a Roma, piena di terriccio, prati e campagne in ogni dove, dimenticata. Se non l’avete visto, è assolutamente vietato vedere qualsiasi altro film, è un’altra colonna portante del Partenone cinematografico.
Non si può pensare di scrivere, anche solo dieci righe, paragonabili alla capacità espressiva del regista. Un consiglio spassionato. Vedetelo SUBITO. Gli uomini esistevano per questo: raggio e idea, perimetro e logaritmo.
(Ossy)
L'attore che interpreta Balilla e che si fa il segno della croce davanti ad Accattone morto si chiama Mauro Cipriani, era un muratore, Pasolini lo conobbe giocando a pallone nei pratoni di Pietralata. Qualche tempo dopo nell'episodio La ricotta, che molti considerano il capolavoro di Pasolini, Mauro Cipriani interpretò un povero borgataro morto di fame che viene scelto, tra tante comparse, per impersonare uno dei ladroni crocifissi accanto a Gesù, e lassù, sulla croce moriva d'indigestione per essersi abboffato di ricotta. Era destino.
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RispondiEliminaecco quello che ho scritto ieri sera nei 10 minuti successivi al film...spero mi perdonerete.
RispondiEliminaAccattone…Volevo vederlo da un bel po’, saranno almeno due mesi, ma preventivando che un film di questo calibro necessitasse di un impegno notevole ho rimandato più volte.
Poi la vostra scelta di proiettarlo al cinerofum, per di più in una serata di festa (a proposito auguroni ritardatari al DepRa!), lo ha caricato d’importanza considerando l’eccellente livello delle pellicole selezionate (non è una sviolinata ruffiana) e mi ha invogliata e convinta, perciò stasera con la giusta dose di entusiasmo in un silenzio surreale, considerando che la neve stava scendendo giù calma calma ed era come se la città si fosse immobilizzata, mi decido e premo play.
Sono in difficoltà…ho fatto un grandissima fatica a seguire il film e ad un certo punto ho fatto una cosa della quale forse dovrei vergognarmi, ma ragazzi l’ho fatto…dopo 20 min… premo stop.
Dopo una pausa relativamente breve, dipende dai punti di vista (alla quale ne sono seguite altre due), ho riavviato il film con la speranza che qualcosa mi stupisse, mi catturasse, niente.
Prevedevo anticipatamente le mosse dei personaggi e in alcune scene, una frazione di secondo prima che il personaggio la pronunciasse, pensavo la stessa identica parola, (vedi quando la tipa in carcere viene a conoscenza della nuova storia di Accattone ed esclama: “st’infame!”) e poi mi sono veramente annoiata.
Inoltre la vita e le storie delle classi sociali meno abbienti spesso sono affrontate da Pasolini con la “sensibilità dell’analista”, come un antropologo che si avvicina ad una popolazione sconosciuta, lui osserva, indaga, intervista, ma poi restituisce una realtà poco veritiera e la scelta di ingaggiare attori non professionisti prelevati dal mondo “vero” rende il film più realistico ma non più accattivante o brillante.
Forse il suo approccio è più vicino a quello di un documentarista e io non avendo gli strumenti sufficienti per comprenderlo non riesco ad apprezzarlo, boh non saprei.
attendo impaziente il vostro editoriale e commenti annessi. Potrebbero aiutarmi a vedere quello che i miei occhi non hanno visto e magari a provare un coinvolgimento emotivo che non c’è stato… sono prontissima a vederlo nuovamente!
Un saluto al cinerofum
Ciao a tutti 'Rofum!
RispondiEliminaPiano piano, il blog sta diventando quella piazza di scambio che volevamo che fosse (e sto pensando proprio a piazza Nerazio...). Grazie Doris per il contributo e, sapessi quant'è coraggioso!! Probabilmente se avessi assistito al post-proiezione coi suoi volti sgomenti, esaltati, allibiti di fronte a cotanta bellezza!
Sala Uande gremita per la doppia occasione: film CULT e le mie 4 stagioni in più (grazie a tutti per le torte! a Doris per gli auguri). Elenco perchè la gente deve sapere chi HA GUARDATO questo film e chi no: Depa, Ele, Tigre (Ossy), Albert Aporty, Albert Monzy, Zippa2 (Zippino). Per me sarà un po' come la formazione di quel maggio 2003 al Ferraris, contro il Cagliari...
Vuoto il sacco subito: ACCATTONE di PASOLINI è PERFETTO. E' poesia. Nient'altro.
In Accattone che cammina sconsolato mani nelle tasche v'è tutta la frustrazione degli emarginati della terra. La borgata romana (ripresa come non ho mai visto) è in realtà ogni luogo del mondo in cui c'è un individuo il cui domani è sempre in forse, in cui la speranza è una parola da libri di scuola. Il Citti non professionista offre una prova da togliere il respiro, d'altronde proveniva proprio da lì e si vede nei segni del suo volto che non fa sforzo ad interpretare lo stato d'animo di Accattone. Lo spazio davanti alle case popolari rimane negli occhi nei giorni successivi la visione del film, la rissa tra Accattone ed il vicino provoca lacrime e pelle d'oca; la passeggiata si Accattone con Stella, il dialogo, rimane nelle orecchie ancora più che quello tra Pina e Don Pietro (indovinate...). Scriverò ancora di questo film che rende frustrante come non mai l'obiettivo che mi pongo ogni settimana...raccontare ciò che ha suscitato al mio interno durante la proiezione. Ogni volta che vorrete lo riguarderò con voi (anche più volte di "Bomber" di Lupi).
Le facce dei ragazzi di borgata!! L'atteggiamento degli amici al bar!! Il realismo delle giornate di chi non ha ruolo nel gioco che qualcuno col grano ha deciso fosse l'unico praticabile!!
Mi permetto di sottolineare che l'intento di stupire con colpi di scena non sia passato nemmeno per la testa del regista: qui nulla deve lasciare col fiato sospeso più che l'angoscia, il senso di impotenza verso chi perde perchè è nato perdente. Lo spettatore alterna gridi di rabbia a braccia ciondolanti...ma non potrà nulla, di Accattone ne nasceraano sempre, in ogni angolo del mondo. Mamma mia che passione!!
Se volete vederlo, ripeto, chiamatemi...
No comment, inoltre, sulla prima reazione all'uscita del film. Sapete cosa penso della maggior parte delle persone e, quindi, della tanto decantata demo(?)crazia...
RispondiEliminaLa scena in cui viene raccontato il sogno di morte, "Accattone" ci mostra il Pasolini teatrale; ma è incredibile lo scarto, il divario che c'è tra una rappresentazione di questo tipo e quella che sta fuori dalla sfumatura onirica: Pasolini salta di qua e di là cambiando metrica, dizionario, e filtri con una facilità disarmante (e lo ha fatto anche scrivendo e teatrando)...
Doris, dimmi che eri stanca, ti prego!!
Non si può non riuscire a seguire il film! Nè deve sconsolare il fatto che s'intuisca un prossimo "St'infame", perchè qui non si voleva plasmare la realtà per piacere al bottegghino. E nemmeno, ritengo personalmente, il regista ha dato un taglio documentaristico alla pellicola, se non altro per il risultato finale, per ciò che scatta nello spettaore; se guardo un documentario (anche se fosse quello con le gazzelle in riva al fiume mezzo prosciugato, ignare del loro imminente sbranamento leonino...) non mi viene la pelle d'oca, non mi viene un groppo in gola! Qui c'è poco da inventarsi qualcosa che stupisca, quel che stupisce è già lì, tutt'intorno: l'indifferenza di chi sa la situazione, di chi si gira e si dirige verso lo shopping!
Infine: non c'è niente di più prevedibile della fine di Vittorio. Quella morte ce l'ha sulla spalla da molti anni prima che la camera inziasse a seguirlo nel suo vagare senza scopo. Ma Accattone lo accompagno col cuore in mano, perchè voglio sapere ancora più dettagliatamente (maledetto me, freddo insensibile!) come sia il giorno di chi non ha futuro; anzi, quasi...perchè voglio tenergli compagnia, o ancora: stringergli la mano sul letto di morte, con un ultimo, l'ennesimo, mio atto di iposcrisia.
pelle d'oca
RispondiEliminaFilm che si consacra Il Film.
RispondiEliminaAbbiamo assistito al punto più alto raggiunto dal Cinerofum.
Ogni fotogramma commuove, crea un nodo in gola e lì lo lascia, sommandosi a quelli precedenti.
Alla fine del film si è ubriachi distrutti dalle emozioni che ci ha gettato in faccia quel ragazzo di borgata.
Sapesse lui quale incantesimo deriva dalla sua camminata svogliata! Cosa smuove quando, eternamente senza speranza, tira un calcio a quel bambino come a scrollargli di dosso quella lucina che, benché già fioca, continua a portarsi negli occhi!
Un'eccezionale Roma schivata, soffocata, censurata.
Il mondo dei miserabili, degli esclusi...a cui non è concesso nemmeno di presenziare al proprio funerale.
RispondiEliminaMa che sanno scansare, oltre la fatica, il male di vivere, con un sentire la vita che è superiore all'istruito, il quale conosce gli scaffali in alto, ma ignora quale poesia ci sia nei volumi impolverati dei ripiani più bassi.
Le risate di Accattone e i due compari, seduti sul marciapiede, pochi istanti prima che il finale drammatico interrompa il film, è un gioiello.
Una parola sola mi sento di aggiungere a tutte queste (anche se ormai vecchie) sacrosante e spesso splendide parole che ho letto: LIBERTA'.
Elimina"Benvenuti nel sistema, accomodatevi prego. Sì, ci dispiace, ma purtroppo per funzionare il sistema deve essere fatto di primi e di ultimi, e voi, per quanto vi sforziate di cambiare la vostra situazione, per quanto siate credenti religiosi e praticanti (beati gli ultimi perchè saranno i primi), questo siete e questo rimarrete. Dovete rimanere! Altrimenti il sistema non funziona, e voi siete molto meno importanti del sistema!". Questo mormora con voce bassa, pacata e un po' inquietante la vita ad Accattone e ai suoi compari, e Accattone forse a causa della sua ignoranza non lo capisce, ma lo percepisce e allora si ribella, vuole essere libero e non schiavo sfruttato dal/del sistema ("lavorare per cosa? per dare il sangue mio ad altri? il sangue mio è mio e non lo do a nessuno!").
Ma l’unica vera via per la libertà è "la grande consolatrice", che Vittorio l'accattone trova accidentalmente, se ci pensate bene dopo averla cercata per tutto il film, anche se forse non è proprio un caso che la trovi quando è all'apice della disperazione, quando si sente definitivamente sconfitto e ingabbiato, quando ormai quella è veramente e in assoluto l'unica possibile strada per la LIBERTA'.
CAPOLAVORO
Ste Bubu