Film che non ha bisogno di presentazioni, uno dei più citati della storia del cinema, coetaneo del “Posto delle fragole”, di cui abbiamo già detto. Come altri lavori del maestro svedese, film molto teatrale (proprio per il teatro, due anni prima, il regista tirò giù il canovaccio). Rinuncio, come spesso, alla trama, per soffermarmi su solennità e colori di questa pellicola. Il bianco e nero del film va a braccetto con quello di una scacchiera: oggetto culto di questa pellicola che rappresenta una non logica che oscilla tra matematica e puro caso/gioco. Nulla è calcolo nella nostra esistenza.
E’ vero che se ti butti dalla finestra muori, ma quante cose non sono così banalmente deducibili? E perché provare a capirne le formule governanti?Forse l’unico modo è davvero quello di barare, facendo cadere le pedine col braccio, ma alla fine l’equa livellatrice, se le posiziona come vuole.
E cmq sì, condivido l’idea di chi pensa che Bergman, in questo film, voglia solo raccontarci diversi approcci alla vita (o alla morte, è uguale): c’è chi si affligge, chi si gioca le ultime carte o gli ultimi piaceri. In maniera ortogonale rispetto al credo religioso!
Peste che tutto devasta ma che sa anche fare selezione all’ingresso di chi ha l’animo forte, di chi non si lascia avvilire, di chi non si rimette ad altro.
“Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io... Io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte”.
Vai Antonius!!!
Inchinarsi.
(Depa)
"Il settimo sigillo" è un pezzo di storia del cinema che mancava al mio bagaglio di conoscenza della settima arte, che, ieri sera, mi ha trasportato in un viaggio lungo novanta minuti e fin da subito chiaramente senza speranza, "in fuga" dalla morte.
RispondiEliminaIn questa pellicola Bergman si interroga su alcuni "temi universali dell'esistenza umana", che da secoli sono argomento letterario-religioso: Dio e(o) il nulla assoluto, la vita e la morte.
Le espressioni dei volti dei protagonisti raccontano inquietudine, spavalderia, decisione, mistero, paura e i dialoghi tra il "nobile signore" di nero vestito e il tormentato cavaliere Antonius Block avvollgono per la loro linearità e profondità filosofico-religiosa, mentre la bellezza mozzafiato di Mia (Bibi Andersson), la simpatia del marito e la loro romantica semplicità alleggeriscono lo spirito, ma aumentano la suspense, nell'ultimo tratto di pellicola, per le sorti della piccola carovana che attraversa il bosco.... "L'ora è venuta"... ma Bergman decide, per niente casualmente, per chi.
Sicuramente una pellicola non facile che rivedrò (volentieri) più volte per poter capire fino in fondo tutto quello che il regista svedese volle comunicare attraverso immagini (mi sa tanto...) mai casuali e dialoghi che sembrano presi da un testo di letteratura o di una rappresentazione teatrale.
Inchinato.