"Quello che domandiamo è libertà"*

Ieri sera, già annunciata da Freddi lo scorso 12 agosto notte passato a gridare "Auguri!", è partita la rassegna "L'angoscia del presente nella fantascienza del passato". Nella seminascosta piazza Senarega, io ed Elena, ci siamo seduti per assistere alla doppia proposta: 1- "Il prigioniero - Ep. II Servizi Segreti" dalla serie TV inglese del 1967, scritta e interpretata dal newyorkese (presto rientrato in Irlanda) Patrick McGoohan (1928-2009) e diretta dal britannico Don Chaffey (1917-1990); 2-"L'ultimo uomo sulla terra" produzione italo-statunitense del 1964, diretta a quattro mani dal catanese Ubaldo Ragona (1916-1987) e dal newyorkese Sidney Salkov (1909-2000).

Aspettando di vedere una parte più corposa della suddetta serie TV britannica, per poterne scrivere qualche riga sensata, posso frattanto riportare le impressioni sulla seconda proiezione e, soprattutto, ringraziare gli organizzatori di questa interessante rassegna che, sul cupo volantino sui muri dei caruggi, sottotitola chiedendosi angosciata: "Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha spaccato il cranio e ha mangiato i loro cervelli e la loro immaginazione?" (da "Urlo" di Allen Ginsberg): lo stesso ideatore Freddi, coadiuvato da "FR.D. - Fronte Degrado" e "Il Grimaldello" di Via della Maddalena.
E pure "The Last Man on Earth", come ogni fantascientifico degno di nota, pone domande, si chiede quali possano essere le conseguenze di alcune scelte, o meglio, gli effetti delle dinamiche (spesso imposte) sociali. Lo scenario apocalittico, che conosciamo già per i remake che il romanzo alla base della pellicola ha suscitato ("Io sono leggenda", del 1954, dello statunitense Richard Matheson), dipinge un'ipotesi estrema, ma chi può dire quanto lontana? L'icona horror Vincent Price ci mette tutto se stesso, a volte strafacendo e, invero, risultando un po' caricaturale e goffo (indimenticabile la "forsennata" evasione a suon di mortaretti scagliati tra...i propri piedi). In breve, l'allestimento è curato e curioso (con l'EUR capitolino che pare costruito apposta), il soggetto è intrigante (efficace l'insistenza alle finestre delle povere anime là fuori) e la prova di Price suscita, più che altro, molta tenerezza (Freddi fa notare che si fa carico da solo di tutto il film...non ci piove). 
"Atroce!", spunta un commento post-visione, ed effettivamente la pellicola conserva per tutta la durata un'ironia macabra molto originale (faccina in giù del dott. Morgan che regge un triste fagotto impalato, sigh).
Ma più che il film, mi permetto, stasera mi ha dato emozioni la serata e i messaggi in essa contenuti. Messaggi sani e chiari. Insieme, fuori dagli schemi imposti, ad arricchirci con cinema e compagnia. Con un lenzuolo, un laptop, un proiettore e qualche amico: basta poco per scoprire che il cinema non è quello somministratoci dalle multisale/dai poteri.
(depa)

(*dalla sigla inziale della proiezione, tratta da Sergio Endrigo "La canzone della libertà")

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