Ieri sera ancora "Intolerance '68", all'"Altrove". Secondo appuntamento colla rassegna dal sottotitolo "La lutte est finie". Mai dicitura più infausta, chiedere ad Elena dopo che ha abbandonato la sala come una volta, come se sotto i suoi occhi non fossero scorsi chilometri di celluloide. Tutto merito di Carmelo Bene (1937-2002) e del suo "Nostra Signora dei Turchi", del 1968. Pellicola di contest-auto-contestazione, provocatoria quanto incomprensibile, ambisce ad una demolizione cinematografica coinvolgente tutte le sue componenti (immagine, suono, parola)...compreso il pubblico in sala.
Tra trappole umane
Essere freschi il lunedì permette di godersi anche la seconda pellicola (vera, 35mm), proposta come ogni settimana dai ragazzi dell'"Altrove". Quindi alle 21.15, ancora con Elena, facciamo ritorno in sala assieme a Robert Bresson. Nel 1967 il regista francese "s'incontrò" nuovamente con Georges Bernanos, realizzando il suo "Mouchette" (sottotitolo italiano: "Tutta la vita in una notte"), storia della lotta e sofferenza quotidiane di uno scricciolo coi codini circondato da bracconieri e tagliole.
Tanto vanno i ricci a fondo...
Quando quelli dell'"Altrove" ripartono...come questa volta, così, all'improvviso: "La lutte est finie - Cinema e contestazione tra Francia e Italia". Truc! Un altro lunedì in pellicola 35mm, con Elena al fianco: "Metti, una sera a cena", scritto e diretto nel 1969 dal napoletano Giuseppe Patroni Griffi (1921-2005), è un ménage à trois, quatre, cinq....l'importante è non annoiarsi e la gelosia, imprevedibile testona, può mescolare le certezze quel tanto che basta.
Santa Pazienza
Solo per Paul Thomas Anderson? Queste parole, a volte con cadenza interrogativa, altre decisamente più caparbia, mi hanno assillato durante il tragitto verso il "Sivori". Lo sto facendo per lui? Sì! Scacciando via l'abbominevole trailer dalla mente, mi obbligo a credere nel regista di Los Angeles con alle spalle film mica da ridere. "Il filo nascosto", del 2017, dopo aver fatto incetta di nomination, ha racimolato pochino, dividendo pubblico e critica. Ma questa fiaba d'amore cerebrale, quasi un tributo al "classico" di una volta (nonché ad un'epoca) per impostazione e pacatezza, non certo per immagini e potenza, ha dalla sua, oltre alla notevole recitazione dei protagonisti, intensa e caricata, l'ormai solida sensibilità di P.T. Anderson (superiore a quella di qualsiasi video promozionale).
ParaMistero dell'Io
Domenica post derby di sole, ma per le 17.15 il cielo si copre quel po' che permette un'innocente fuga in sala. Seguaci critici ma fedeli degli autori che hanno posto la loro firma nell'enciclopedia cinematografica che conta: nonostante il trailer imbarazzante, Marigrade, Elena ed io, presenti ai "Cappuccini" per "Quello che non so di lei" (2017), ultima fatica di Roman Polański. Thriller psicologico che poggia sulle due protagoniste, ciascuna magnetica a modo suo, non si preoccupa dell'originalità, quanto dell'effetto ritmico e visivo del racconto, riuscendo a non frustrare.
Cinema dei dettagli
Locandina con titolo originale in ceco? Mi prude il naso. Marigrade invita, scrivo ad Elena e ci siamo. Giovedì scorso appuntamento ai "Cappuccini" per annusare e girare attorno a "Cure a domicilio", pellicola del 2015 scritta e diretta da Slávek Horák, regista ceco classe 1975, qui debuttante con gran dimostrazione di sensibilità cinematografica e psicologica. Dopo aver preso fiducia nelle movenze della "sua" m.d.p., non ci è rimasto che cogliere gli splendidi dettagli sparsi per il film, dettagli profondi, che dicono molto di più del mero racconto per immagini.
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