Domenica post derby di sole, ma per le 17.15 il cielo si copre quel po' che permette un'innocente fuga in sala. Seguaci critici ma fedeli degli autori che hanno posto la loro firma nell'enciclopedia cinematografica che conta: nonostante il trailer imbarazzante, Marigrade, Elena ed io, presenti ai "Cappuccini" per "Quello che non so di lei" (2017), ultima fatica di Roman Polański. Thriller psicologico che poggia sulle due protagoniste, ciascuna magnetica a modo suo, non si preoccupa dell'originalità, quanto dell'effetto ritmico e visivo del racconto, riuscendo a non frustrare.
Marigrade ed Elena perplesse (quest'ultima, a furia di cinerofumare, oramai è la più incontentabile della truppa), io non certo entusiasta, ma nemmeno orripilato. Il più classico dei giochi di specchi della coscienza, l'ennesima passeggiata sotto la volta allucinatoria dell'"Io", la rappresentazione filmica dell'impercettibile differenza tra finzione e realtà, l'inammissibile errore di ogni nostra intima proiezione. ...Niente di mai visto, anche e proprio nella filmografia dello stesso Polanski, ma tutto regge. E non si tratta di un esercizio semplice, anzi. La fluidità delle immagini e le interpretazioni principali (Emmanuelle Seigner ed Eva Green) rischiano di far passare in secondo piano la complessa semplicità messa in campo dagli autori.
Altrimenti come spiegare l'attenzione in sala nonostante, causa pubblico ormai smaliziato, il velo di mistero caduto ben presto (poche sequenze per smascherare l'artificio del "mai in presenza di altri")?
Pertanto, non resta che complimentarsi col quasi ottantacinquenne regista franco-polacco, se non per l'inventiva, almeno per l'energia e qualità dimostrate. Ops, conservate.
(depa)
Ps: mica scema, comunque, Delphine: anche io vorrei allucinazioni come Lei!
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