Essere freschi il lunedì permette di godersi anche la seconda pellicola (vera, 35mm), proposta come ogni settimana dai ragazzi dell'"Altrove". Quindi alle 21.15, ancora con Elena, facciamo ritorno in sala assieme a Robert Bresson. Nel 1967 il regista francese "s'incontrò" nuovamente con Georges Bernanos, realizzando il suo "Mouchette" (sottotitolo italiano: "Tutta la vita in una notte"), storia della lotta e sofferenza quotidiane di uno scricciolo coi codini circondato da bracconieri e tagliole.
Un anno dopo il lento e tormentato vagare di un asino alle prese col genere umano, ecco un altro racconto di angheria e solitudine. Questa volta tutto interno al quadro sociale della nazione più civilizzata. Mouchette simboleggia gli scartati dal processo storico, gli spintonati dal procedere degli altri, insomma le vittime sacrificali di un sistema che prevede (e prescrive) un sufficiente grado di violenza. Ipocrisie e retoriche sbagliate braccano gli animi ancora puri, alcuni si uniranno all'odiosa gara, brandendo la prima meschinità passante sotto mano, altri ruzzoleranno a fondo.
E' un film che parla di contestazione?, si chiede la curatrice della rassegna "La lutte est finie". Diciamo che è un film che contesta, esplicitamente, l'insieme dei valori su cui si basano i rapporti interpersonali (prevalentemente economici, purtroppo: vedi le tragiche catene di "L'argent" o "Pickpocket"; ma non solo).
Corsi notturni accelerati offerti dalla strada, 30 in 1 (edizioni: Povertà). Bambina-donna in 8 ore.
La consueta essenzialità di Bresson offre il genuino stridore di una poesia delicata quanto straziante. Il maestro francese rinuncia al condimento, lascia lo spettatore con la scodella semi-vuota dinanzi: basito per la perfezione della terracotta, sgomento per la povertà spirituale del contenuto.
Mouchette, svezzata a violenza (sociale, silenziosa), vorrebbe solo amare ma, come un coniglio dalle zampe immobilizzate, perderà i codini (sogni) e se ne andrà in un'immagine ferma.
(depa)
Nessun commento:
Posta un commento