I ragazzi dell'"Altrove", dopo aver gironzolato tra Hokkaidō e Kyūshū appresso l'irriverenza di Takeshi Beat, non se la sono sentita di rientrare all'ovile prima di fare due saluti ad altrettanti maestri del cinema nipponico che fu. Ieri sera, il primo è stato ad Akira Kurosawa che, nel 1963, traspose in un grande giallo cinematografico il romanzo breve "Due colpi in uno", scritto quattro anni prima dello statunitense Ed McBain (1926-2005). "Anatomia di un rapimento" ha trama solida, interpreti appassionati, musiche curate e regia efficace quanto spigliata, risultando un film tremendamente avvincente.
Inizia la pellicola nell'elegante studio di un ricco imprenditore, guarda caso coll'irresistibile physique du rôle di Toshirô Mifune, e attorno a quell'ambiente che ispira potere, lassù sulla collinetta visibile da tutta la plebaglia cittadina, ruoterà questa storia di rapimento ed assassinii. Gioco d'incastri, partita a dama tra polizia (che qui dà prova di grande professionalità!) e frustrato della terra, la m.d.p. scatterà o spierà, dietro le tapparelle o al di qua dei muri bianchi accecati dal sole, riuscendo a non perdersi nulla (compreso lo spettatore in sala).
Anche il "rapitore", Tsutomu Yamazaki, ha stile da vendere e i suoi occhiali da sole a specchio tra i canneti ispireranno ben qualcuno...
Noir impeccabile con passaggi memorabili, come il "quartiere dei drogati", colle sue anime perse, su cui tutti son disposti a passar sopra; splendido film di cui la versione italiana (nella quale merita una menzione l'ottimo, ennesimo, doppiaggio), purtroppo, zoppa un buon quarto...ma sì, quaranta minuti di Kurosawa, suvvia!, che volete che fossero...
(depa)
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