Ieri sera sala Valéry con la formazione più classica: io ed Elena. Proseguendo lungo il sentiero delle "Proposte in Area Break", località "Filippo", ci siamo imbattuti nel secondo lungometraggio dello statunitense Alexander Payne, diretto nel 1999: "Election". Classico esempio di "filmetto"? Sì, una piacevole Philip Morris ultra light di cui lasciare, senza rimpianti, gli ultimi tiri di mozzicone...
E' una "MTV Production", robe da ragassi, cose da ridere. Una fotografia attenta, una m.d.p. ammaliante, qualche graffio sull'ipocrisia statunitense non possono certo bastare a fare di questa pellicola un film dalle sembianze mature. Un po' tirato qui (per esempio le diverse, prevedibili, preghiere della sera), un po' fuori luogo là (le intime riflessioni della sorella), qualche attimo di sano e provocatore imbarazzo fanno sì che non si abbia la sensazione di masticare l'ennesima fetta di torta di mela; meglio quando, senza eccessivi carichi di responsabilità, dà forma a situazioni da commedia e condisce il racconto con siparietti surreali (il protagonista anni '60 su una riviera in bianco e nero). Con mia sorpresa, le note stonate si moltiplicano proprio sul finale, frettoloso e disorganico. Esemplare il fallimento nella pretesa di esaudire tutti i caratteri psicologici in scena: il migliore risulta Chris "Metzler" Klein, perché sinceramente credibile (assieme alla protagonista, interpretata bene da Reese Whiterspoon), mentre la sorella "ostinata e contraria" è terribilmente abbozzata (così come la figura della moglie).
In giro c'è tanto altro.
(depa)
Dai... troppo buono... 'sto film e' proprio 'na shtrunzata!
RispondiEliminaMi raccomando... di non guardarlo!