Tornato ora dal film "A torto o a ragione" (t.o. "Taking sides"), diretto dall'ungherese István Szabó nel 2001. Presentato all'interno della mini rassegna "Eterne armonie: I grandi maestri" ("Cinema e grande musica"), organizzata dall'Associazione delle Serate musicali, è un film girato con eleganza e intensità, con profondità di campo inquadrate dal basso, rispetto verso l'immensità musicale, vergogna per un uomo incapace di percorrerla puramente.
La prima sequenza, un concerto in un sontuoso, sacrale
auditorium in cui irrompono i suoni e le luci dei bombardamenti su Berlino, anticipa l'attenzione l'intento del regista: il rapporto tra arte e politica, che in tempi di guerra è questo; qualcuno suona, se si parla di musica, qualcuno muore (perché mandato a morire), sempre quando si parla di politica. Lo statunitense Harvey Keitel è chiamato ad interpretare una figura nebulosa, come lo è ogni vendetta. Lo fa benino, con andamento altalenante, momenti alti, momenti bassi, tirato giù da una sceneggiatura, a tratti, con le cuciture scoperte. Ma nell'insieme è un film che mette onestamente tutte le carte in tavola. Sollecitando a non affrettare presuntuosi, miopi o furiosi giudizi, a calarsi nel momento e nel luogo. Quando e dove, per esempio, un piccolo gesto poteva essere l'unico possibile. Non sufficiente, sicuramente, ma capace di ingrandirsi ad occhi attenti. Il coraggio, dopotutto, è poca roba quando tutto è terminato, quando in strada ai carriarmati succedono le macerie, alle bandiere se ne sovrappongono altre. Interessante, con tocco godibile e note acute.
(depa)
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