Qualche sera fa ha fatto il suo
esordio in sala Ninna un altro protagonista del cinema contemporaneo.
Spike Lee, con uno dei suoi più
celebri film, “Fa’ la cosa giusta” (1989),
offre un accattivante spaccato della vita di un quartiere prevalentemente popolato da afroamericani,
“un mondo in cui la gente è buona o cattiva al 100%”.
La trama prende forma pian,
piano, presentando uno dopo l’altro i vari e molto ben caratterizzati personaggi,
mentre il clima intorno a loro appare subito chiaro. Prendendo spunto da una
(involontaria?) imbeccata di Depa, riassumo: fa caldo, molto caldo.
Il clima meteorologico è
asfissiante mentre il livello del termometro sociale risulta in costante e
coinvolgente ascesa, finché raggiunge l’insopportabile temperatura di un
incendio bagnato di sangue nero e pelle bianca. Caldo come il colore rosso
della parete che fa da sfondo al “quadretto” del ghetto proposto da Spike che
più mi è rimasto impresso, nel quale tre “vecchi saggi” del popolo non sembrano
troppo turbati dall’infame clima meteorologico e sociale, almeno fino alle insopportabili
temperature finali.
Il regista, sceneggiatore e
attore di Atlanta offre molti spunti di riflessione sul tema
dei conflitti razziali all’interno dei confini statunitensi. Nessuna illuminazione,
bensì un sacrosanto battere il tasto su quanto l’animale “uomo” vivrebbe molto meglio
se lo facesse nel rispetto reciproco per chiunque, qualunque razza,
provenienza, gusto musicale o “stranezza” abbia.
Oltre allo spaccato di pellicola
sopradescritto, voglio citare anche la scena della “doccia sotto l’idrante”,
coinvolgente a tal punto da farmi credere che, dopo tutto, non si stava così
male in quel ghetto, stesso pensiero dei protagonisti che trovano un po’ di refrigerante
sollievo, sentendosi più forti di fronte a potere e istituzioni. Ma è solo un'illusione generale.
Spike preme il piede
sull’acceleratore e più la pellicola scorre, più in Mookie, Sal e gli altri l’odio
e la paura crescono. Il colpo di scena è dietro l’angolo e il battito cardiaco dello
spettatore sale. Forse manca solo di un po’ d’enfasi nel finale (le scene della
rivolta sono un po’ mosce), ma comunque sia, l’ultima sequenza è doverosa da un
punto di vista ideologico e impeccabile da un punto di vista cinematografico,
se aggiungo che le performance degli attori sono valide (Spike Lee stesso nei
panni di Mookie… Iya man!) e che la colonna sonora è da paure, ovviamente il
mio giudizio finale su questa pellicola resta molto positivo.
(Ste Bubu)
Gran film che mi è rimasto nel cuore dalla prima lontana volta che lo vidi. Son quelle pellicole che, se viste in ancora tenera carne, possono farti crescere in un certo modo. Fiammate celsius e incendi verbali che restituiscono alla perfezione un dramma dalla forma di spirale; le istituzioni dello stato "più libero del mondo" condannate a girare a vuoto, lasciando la strada alle bombe razziali.
RispondiEliminaAllora m'innamorai di Lee, rinsavendo, con mia grande delusione, col passare degli anni. Approfondiamo, ma come "Fa' la cosa giusta" non ne ho più trovati, nell'opera del controverso regista; forse, l'allora trentaduenne Spike Lee disponeva di una rabbia più giovane e, quindi, genuina e (da qui lo stupore) più consapevole. Ma ripeto, lo capiremo meglio.
Dopo anni, rimangono le strade roventi, la radio che batte il tempo, lo stereo che contrasta (i Public Enemy che combattono il potere), gli idranti, una pratica big mama, un vecchio galante saggio e un gigante buono ma incazzato.
Raro cinema antirazzista.