Lunedì sera, qui in sala
Negri, ho premuto play su di una videocassetta firmata Roman Polański:
"La nona porta", pellicola del 1999, interpretata da Johnny
Depp, è un thriller di buona fattura, scandito da buon ritmo e intreccio
avvolgente...come le fiamme dell'inferno!
Non sono un fan dell'occulto, quindi parto con piede dubbio. Ma basta
poco (leggi: veder planare giù dalle scale la glaciale muta Emmanuelle Seigner,
sorta di feticcio del regista, più che apprezzata nell’ultimo Polanski) per
disinteressarmi degli aspetti “esoterici” della pellicola e dedicarmi,
piuttosto, all'osservazione della pura messa in scena del regista franco-polacco.
La quale risulta azzeccata, sia sul piano estetico, sia su quello del ritmo. La
voglia di vederci chiaro è stuzzicata lungo tutta la pellicola attraverso
riprese attente alle distanze, alle ampiezze. La musica si piega diligentemente
alle esigenze narrative. Depp è nel suo, affascinante cacciatore di libri,
Indiana Jones satanico (che parte scettico e dovrà ricredersi), e i due corpi
femminili che dovrà fronteggiare hanno qualcosa di diabolico (la “bergmaniana”
Lena Olin, quarantenne, in gran spolvero!). Qualche passaggio un po’ macchinoso
(dal romanzo dello spagnolo Pérez-Reverte? Non si sarebbe potuto semplicemente rubare questi dannati libri?) non inficia la capacità della pellicola
di intrattenere col racconto e gratificare colle immagini.
(depa)
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