Fatiche d'amor

Durante le festività sacre del maiale, in sala Valéry, è passato un regista francese sconosciuto al 'Rofum. Eppure, Claude Sautet (1924-2000), cresciuto nel pieno del ribollir parigino cinematografico, cresciuto tra Becker e Franju, ha dalla sua l'immediatezza e l'efficacia delle sequenze, con cui, in questo caso, insegue tre cuori maledetti sbatacchianti tra loro. Cuori infelici, ma solo uno per sempre solo. "E' simpatico, ma gli romperei il muso" (t.o. "César et Rosalie"), del 1972, scorre veloce lungo il dolce tracollo del protagonista, interpretato da un Yves Montand da ricordare.

Alcune braci sono ancora accese. E le fiamme giovanili possono divampare in un attimo. Come in questo caso, dove tutta la sicurezza e l'affermazione borghesi possono ben poco verso un cuore che, dopo le balle delle rappresentazioni in società, non chiede altro che un gesto sincero, fosse anche un sasso da mano monella. "D'altronde lui mi ha sposato perché tu sei partito". Creme di falsità si posano su letto di menzogne: il menù della disfatta personale è pronto. Montand non ci sta, il César del titolo originale, strattonerà la tovaglia. David, l'altro, quello del muso del titolo italiano, interpretato dal credibile Samy Frey (roba di Bardot, tanto per capirci), vi salirà sopra.  
"Non vorrai mica superarlo..." chiede la moglie compiaciuta al marito scosso da un'irruzione senza salvezza. Parte la corsa suicida ma viva, logorante ma urlante, del protagonista, galletto vittima dei tempi, cuore grande senza luogo dove posarsi.
Sottotitolo: "Gelosia", ben riuscirà però a raccontare tutta la complessità dei rapporti interpersonali, di coppia e triangolari, quando accade (il cuore non riesce a consultare lucidamente capitan Cerebro). La pellicola, con sequenze fresche, racconta di questa estenuante ronde sentimentale, con gli elettrizzanti momenti in sù, quelli bui verso il basso.
César sarà sempre César, David sempre David, luoghi equipollenti nel sentimento di Rosalie, la luminosa Romie Schneider, bucaschermo dalle sopracciglia più alte.
Vero amore, infine, quello di César? Domanda che deraglia dai binari delle due risposte, schiantandosi sull'elettrico desiderio, nell'accecante dolore del protagonista (l'altro, quello del muso, pare meno succube dei tramestii d'amor). César, dopotutto, non vuole possedere in esclusiva; ciò che lo attanaglia pare un immane desiderio di felicità per la sua impertinente amata, quindi a lui già preclusa.
Conclusione edulcorata che si fa inno all'amicizia (maschile e contendente). E, in effetti, questa bella pellicola di Sautet pare proprio per te, César, piccolo e simpatico uomo solo.
(depa)

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