Ci sono cascato. Leggo Radu Mihaileanu e mi fido, scarto tutto il resto (incredibilmente le alternative erano due italiani). Come saprete, Il Cinerofum diffida dei trailer e non essendo nemmeno caduto l'occhio sulla produzione (Francia, Canada, USA) e ignorando la "naturalizzazione" (?) del regista, così come il soggetto del film (tratto da chissà quale straordinario best-seller), insomma è stato facile inciampare in questo "La storia dell'amore" (oddio, pure il titolo), che dei languidi, sporchi e vivi colori dell'Est europeo ha ben poco, mentre è carica di lucidi grattacieli newyorkesi, eleganti appartamenti borghesi, cellulari e account fb. Ma non si tratta solo di ambientazione, magari. Questo film è puro e freddo investimento hollywoodiano. Con buona pace dell'autore...e dell'Amore.
Dal romanzo di tal Nicole Krauss, statunitense classe '74, ecco un polpettone in cui gli autori di questa pellicola si sono impastati parlando dei massimi problemi esistenziali (guerra, amore, comunicabilità, solitudine etc). Psicologia d'accatto che affascina qualcuno.
Peccato perché, soprattutto "i primi 40 secondi sono stati stupendi" (concordo con Elena), ma per tutta la durata del film, il regista e collaboratori (fotografia) hanno dimostrato di saper maneggiare le immagini in maniera suggestiva. Evidentemente non basta. Appena l'affabulante introduzione termina (digitale ben sfruttato a piene mani), ci si ritrova catapultati a Manhattan e il velo di ricercata poetica lascia spazio ad un'opera ben più fruibile. Ciò nonostante, ecco la pecca maggiore, l'intreccio si aggroviglia nella propria tenacia di stupire, di spiazzare lo spettatore, senza essere in grado in tenere le fila, né di fornire il campo adatto alle ambiziose riflessioni suggerite.
Pellicola sui contrasti, ne è pervasa nel contenuto e nella forma: il risultato è un'accozzaglia di elementi. Lo stacco tra sogno e realtà, tra passato e presente, tra un campo verde dove tutto poteva succedere e le insegne a caratteri cinesi di New York che tutto paiono irretire, rappresentano giochi mediocri. Senza contare che alcuni momenti di disarmante bruttezza (la giovane Alma che scrive sotto mentite spoglie allo scrittore Markus: pomeriggio per ragazzi), non solo non c'azzeccano nulla con le successive sequenze prepotentemente alte ed ambiziose, ma soprattutto non me li sarei mai aspettati dal regista che narrò di meravigliosi treni e concerti liberatori.
Mihaileanu è pure accreditato ai dialoghi. "L'amore non è un 'mi piace' su fb". Complimenti.
"Ruanda, mucca pazza, Auschwitz, Congo" dice il piccolo buffo Bird, in preda alla stessa confusione che ha braccato gli autori. Qui c'è puzza di coda di paglia bruciacchiata.
Salvo la regia curata (e sprecata) e l'intensa interpretazione del protagonista (l'inglese Derek Jacobi); ma l'intreccio troppo calcolato, incomprensibile e comunque scontato (c'è pure il più classico degli amici immaginari, fate vobis), dove le coincidenze si accavallano senza pudore, lascia questo film al palo di quelli "da evitare".
Ciliegina sulla torta, manca all'appello pure questo dannato grande amore della Storia (qui mero perno attorno al quale far scattare una noiosa indagine editoriale).
Ok, abbiamo capito, i film di Radu non sono rumeni.
(depa)
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