Ieri sera Elena ed io a misurare l'ultimo film della figlia d'arte Sofia Coppola. Vincitore del premio per la migliore regia al Festival di Cannes 2017, "L'inganno" mostra la cura della regista statunitense riposta nell'effetto visivo, con costumi e scenografia dell'epoca della guerra secessione americana perfetti, con giochi di luce e ombra ben incorniciati da inquadrature merlettate. Può bastare? Forse sì, per un premio di questo tipo sicuramente (non ho conosciuto gli avversari); ma non solo. Senza voler essere troppo severi, se la Coppola continua a pigiare sugli stessi tasti (pulsioni latenti, istinti repressi su uno scenario bello sino all'alienante), è perché il suo cinema piace. Ed in effetti poteva andare peggio...
Epopea di Sfruttamento
Domenica sera scorsa, i caruggi della zona in cui Fronte Degrado osserva da vicino l'evoluzione presa dall'integrazione nel quartiere, hanno riflesso cinema alto. Il marmo bianco della chiesa di San Luca, finalmente, ha sostenuto uno "straccio di cultura" (mentre il portone verde avverte i fedeli dei quartieri senza raggi: "sostate qui a vostro pericolo"...giuro). Nella rassegna "Retroscena", con capitoli dedicati a Colonizzazione, Imperialismo di ieri e di oggi e alle loro logiche conseguenze sul mondo del lavoro, il primo film è stato un algerino di 3 ore vincitore della Palma d'Oro 1975 in lingua originale sottotitolato in inglese...detta così suona come un innovativo strumento di tortura (sarei ben contento di applicarlo a divise e pennacchi). Invece "Cronaca degli anni di brace", scritto, diretto e interpretato dal regista classe 1934 Mohammed Lakhdar-Hamina, lungi dall'essere un dolcetto leggero, ha però la solidità e la bellezza dell'opera profondamente curata. L'epopea degli anni '40 algerini si spande lentamente, in un crescendo di rabbia, su tutto il telo bianco...
Io Giudico Ipocrita...
Al cinema un film ceco. Mandi Marigrade in avanscoperta e questa da l'ok. Ad Elena e me non resta che andare al "City" e riempire il nostro venerdì con "The Teacher", pellicola del 2016, diretta dal cinquantenne praghese Jan Hřebejk e narrante di una professoressa che ben si adattò ai suoi tempi, comprendendo che, più che l'acclamata società equa e giusta, quella attorno non fosse altro che la solita prevaricatrice, egoista e infingarda accolita di individui: tutta da sfruttare.
Rak conta la cenere
Voci di Venezia portano dell'ultimo film d'animazione di Alessandro Rak, il regista partenopeo che quattro anni fa mi inchiodò in una sala milanese, emozionandomi sino a commuovermi con un'esperienza profonda che ancor oggi fa vibrare la pelle (fu "il mio Leone d'Oro 2013", ricordate?). Mobilito e mi precipito: Elena e Sini con me al "Corallo" di Carignano a vedere "Gatta Cenerentola", l'ultima opera del regista, diretta assieme ad altre sei mani, tutte napoletane, più o meno coetanee: Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone (del gruppo folk-rock "Foja"). Senza raggiungere, a parer mio, i picchi emotivi toccati dal precedente, questo racconto continua a rimandare con intensità ed affetto ad una Napoli scalpitante, rabbiosa, incatenata ma sempre pronta a salpare; per poi tornare e attraccare, più ricca e viva.
Pio ruba vita
Andate a vedere "A Ciambra". Recuperate, nelle dimenticate sale cinematografiche dello Stivale che lo propongono con tenacia, questo piccolo grande film diretto, ancora una volta, da un italo-americano. Jonas Carpignano, newyorkese de Roma classe 1984, non ha creato certo nulla di nuovo, ma la sua opera seconda ha intensità e bellezza tali da emergere nel putrido scenario del cinema massificato.
Radu goes to Hollywood
Ci sono cascato. Leggo Radu Mihaileanu e mi fido, scarto tutto il resto (incredibilmente le alternative erano due italiani). Come saprete, Il Cinerofum diffida dei trailer e non essendo nemmeno caduto l'occhio sulla produzione (Francia, Canada, USA) e ignorando la "naturalizzazione" (?) del regista, così come il soggetto del film (tratto da chissà quale straordinario best-seller), insomma è stato facile inciampare in questo "La storia dell'amore" (oddio, pure il titolo), che dei languidi, sporchi e vivi colori dell'Est europeo ha ben poco, mentre è carica di lucidi grattacieli newyorkesi, eleganti appartamenti borghesi, cellulari e account fb. Ma non si tratta solo di ambientazione, magari. Questo film è puro e freddo investimento hollywoodiano. Con buona pace dell'autore...e dell'Amore.
Dalla e ti sarà dato
Dopo un agosto disastroso sul piano cinematografico, ma elettrizzante su quello umano, eccoci nuovamente, Elena ed io, chi se no?, in sala Valéry. Dopo 7 anni, per l'occasione abbiamo re-invitato l'icona più gloriosa della regia della Vecchia Hollywood: John Ford. Contrariamente alle sensazioni in sala e alle mie supposizioni (che gli amici "fordisti" del Cineclub Lumière avrebbero sputato per terra vedendo il loro presentato tramite film non western, né così "duro"), a quanto pare "Un uomo tranquillo", pellicola del 1952, oltre ad un Oscar alla regia, ha riscosso nel tempo parecchio successo. Il Cinerofum rispetta i grandi autori, gli analoghi critici e persino se stesso: non il film che ricorderemo.
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