Due settimane fa, perdonate il ritardo, ma sapete, con alle giornate d'estate s'accompagna la pigrizia delle cicale; dicevo, due settimane fa ho invitato in sala Valéry un regista che il Cinerofum attendeva da anni. Prego, s'alzino tutti ("Me, myself & I"): signore e sigh...Giovanni Battista Loy, Nanni per tutti, cagliaritano del '25 (9). Il film di cui scrivo qui ci parla di un regista ironico e sensibile, attento agli strati bassi, come a quelli alti, della società; per mettere in luce, evitando i più semplici quindi sterili nessi di causa ed effetto, le zone d'ombra di un sistema inadeguato. "Detenuto in attesa di giudizio", del 1971, mostra l'aberrazione di quelli giudiziario e, prevalentemente, penitenziario, mostrata in tutta la sua crudele assurdità. Roba tosta, bruttura dinanzi al quale, pure il gioviale ed esplosivo A. Sordi si fa piccolo, cupo, terrorizzato.
Un cinema attentissimo, fatto di dettagli studiati ed inseriti in una cornice scritta in maniera potente quanto accorata, evidentemente il frutto di sensibilità estetica e, in primis, sociale. Non c'è alcun bisogno di specificare l'ambito italiano, tanto è universale la svista (interessata) in cui continuano a cadere filosofi e politici.
L'inadeguatezza fisiologica del sistema giudiziario, la crudeltà intrinseca di quello detentivo (solo alcuni degli apparati fondati sulla prevaricazione e che ogni Stato DEVE approntare), non appare evidente a tutti. E allora ben vengano film come questi, a far dialogare, con estrema intensità, estetica e coscienza. Corre il neurone al grande Petri. Mentre Kafka si volta dall'altra parte perché, pure per lui, tutto ciò è davvero troppo.
Prevaricazione sotto varie forme, tortura fisica o psicologica (l'annullamento della personalità è uno degli obiettivi primari). Quindi eccoli gli inferni istituzionalizzati: Asinara, Pianosa e tutte le altre "case circondariali", ferite ancora oggi aperte, che gronderanno sangue ancora per secoli.
Concludendo, altro che il "puramente casuale" della sovrimpressione iniziale; semmai, "strettamente causale". E non perché qualcuno ha ucciso qualcun altro, ma poiché i soliti possano farlo ogni giorno.
(depa)
Sia chiaro che Nanny Loy, qui, narra di un episodio che tende al surreale (anche per aggirare la censura che nel '71 non doveva essere così "rilassata"...).
RispondiEliminaMa basta ruotare di qualche grado per capire che non è necessario trattare di un "rispettabile" geometra finito in un vortice kafkiano per capire la concretissima assurdità che sta dietro ai sistemi giudiziario e penitenziario (è di questi giorni la notizia che "Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte, è indagato dalla procura di Perugia con le accuse di falso e abuso d’ufficio"...).
Da sempre strumenti del potere.