A Venezia, quest'anno, nella sezione "Giornata degli autori", è stato presentato un film francese, dal sapore tutto cubano. Visceralmente legato a quell'isola che più di altri luoghi, ha saputo condensare in sé caratteri, ritmi e culture del tutto particolari. "Ritorno a L'Avana" ("Retour à Ithaque"), diretto da Laurent Cantet, è una delle tante storie di chi se n'è andato e di chi è rimasto, esuli e falliti, col groppo carico di ricordi e rimpianti.
Non sbattete quella porta
Martedì sera, seconda giornata di rassegna veneziana; al secondo spettacolo, nel tumulto della fescion nait milanese, una sorta di delirio per rincoglioniti, c'è anche Elena a tenere compagnia a me e Marigrade. S'è schivata la mezza boiata cinese precedente e dovrà vedersela con "Melbourne", pellicola iraniana diretta dall'esordiente Nima Javidi, nella selezione della "Settimana della critica".
Siamo tutti un po' Solo
Dopo un sabato vissuto da
leoni (giamaicani), la domenica sera ero decisamente cotto, così ho deciso di
buttare su un altro filmetto nella piccola, ma accogliente, Sala Roots.
“Nirvana” (1997) è il primo film che vidi di Gabriele Salvatores,
quando ero ancora uno sbarbatello che ignorava la bellezza e la varietà di
questa arte che noi 'rofumanti tanto amiamo…
Una melodia, una storia
Nella sezione "Orizzonti" di quest'anno (stiamo parlando della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia), era presente un bel filmetto senza troppe pretese, utile a ricordarsi che si può fare un film senza strappare dollari e lacrime, ma ricordando quant'è bello un racconto, quant'è bella una canzone. "Jackie & Ryan", opera seconda della statunitense Ami Canaan Mann (figlia del più noto Michael).
Una storia già morta, anzi non
Io e Marigrade siamo appena tornati da una di quelle visioni che, nel panorama veneziano, rappresentano sempre un piacevole diversivo. Se poi lo statunitense Joe Dante, annata d'oro 1946, sfodera un horror sanguinolento e gustoso come un bloody mary, allora svestiamo più che volentieri le maschere dei rompipalle della Settima e, assieme a tutta la sala, ce la ridiamo e sussultiamo di grossa. "Burying the ex" è un film per tutti, con più di una metafora facilmente aggrappata al pazzo mondo dei morti viventi. Molto popoloso, a ben vedere.
(da) dimenticare
Il secondo film che mi è capitato sotto gli occhi a "Venezia 2014" è cinese, sorta di thriller psicologico, volutamente oscuro, speranzoso di stupire, incentrato sulla ferita rossa, sempre aperta, sul passato della Repubblica Popolare Cinese. "Red amnesia", diretto da Wang Xiaoshuai, non mi ha per nulla coinvolto, la molla si carica si carica, l'attesa sale...ma finirà tutto nella più banale e confusionaria sceneggiatura.
E via per mare! A bagno...
Ed eccoci al consueto appuntamento con "le vie del cinema". Nel 2014, la mia personale camminata cinematografica tra Venezia e Locarno parte da quest'ultima località. Prima tappa "Fidelio, l'odissea di Alice", pellicola francese tutt'altro che avvincente, salpa bene per mari e corpi affascinanti, naufragando sotto una sceneggiatura che dire superficiale è poco. Altro che profondità oceanica. Esordio di tal Lucie Borleteau.
Girala come vuoi
Il secondo lungometraggio del regista statunitense Jim Jarmusch, "Stranger than paradise", è un bel vagare a vuoto che sa di nuova ondata d'oltreoceano, con tre interpreti in tutto, tutti bravi, uno su tutti; personalmente, ritengo però che mostri qualche cucitura di troppo nella sceneggiatura, non perché si vaghi senza senso, ma anzi, perché non sia stato in grado di raccontarlo.
Mario contro gli USA
Ueilà ‘rofumanti! Com’è? Ecco
la mia prima recensione direttamente dalla terra di Jah!
Giovedì sera, in Sala Roots (alias
la mia nuova abitazione in Port Antonio, Portland, Jamaica), ho buttato sul mio
piccolo schermo un Mario Monicelli. “La
mortadella” (1971) è una pellicola frizzante soprattutto per la prestazione
di Sophia Loren, ammagliante in certi sguardi, accattivante nella recitazione e
amabile nelle esibizioni canore. Interessante la critica che Monicelli muove nei
confronti della società USA, capitalista e meschina, ma anche ai movimenti di
ribellione italiani degli anni ’70, basati su sani, ma fragili principi.
Questo sì che è un matrimonio
Settimana scorsa, come sapranno i pochi cinerofumiani sparsi per il globo, è stata settimana di Jim Jarmusch. Come non parlare, quindi, di "Coffee and cigarettes"? Sorta da un cortometraggio del 1986 e cresciuta sino al 2003, anni in cui s'arricchì di tanti altri affascinanti episodi, divenendo una pellicola che, proprio come quel thè dall'ancora minor senso dopo questa visione, "è buona qui, è buona qui": negli occhi e nello spirito.
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