Black Block

Sala Uander "antagonista" ieri sera. "Anarco-insurrezionalista". Cinerofum che si documenta, che in realtà certe cose ormai le ha capite, ma che vuole continuare a ricordare, aggredendo l'oblio naturale del tempo e quello indotto, quello causato dal sovraccumulo, nelle nostre teste, delle parole "crisi", "spese", "gol", "cazzi propri", "tasche proprie"...eppure, a parte i gol, le altre parole, tutti i vari "propri" possibili, sono legate a doppio filo con quello che veniva deciso (e, soprattutto, NON veniva deciso) nei giorni di fine Luglio 2001 nel Palazzo Ducale di Genova e, quindi, con ciò che successe fuori dallo stesso. "Black Block", del regista genovese Bachschmidt, classe '65, è un documentario che dev'essere guardato periodicamente, video-monito.
Qualcuno dirà che non è cinema. Altri che il cinema prima ancora che arte è vita. Ovvio che sul blog Cinerofum non ci sia abbastanza spazio per affrontare tutti i temi, per poter rispondere a tutti i dubbi che nelle teste dei lettori, inevitabilmente, nasceranno. Contenti dei propri dubbi. Quasi che di riflettere ci si sia dimenticati, preferendo decidere a priori, seguendo a testa bassa una propria ideologia ritenuta superficialmente e presuntuosamente consolidata, per chi si debba fare il tifo. Al bar ormai mi conoscono come uno di quelli che pensano che gli sbirri sono tutti dei bastardi, al circolo si aspettano che io dica che i delinquenti sono i manifestanti...e via così. Un po' come quel maledetto giorno in cui si è deciso di parlare di "destra" e "sinistra", con un'operazione di semplificazione che pare assimilabile alla divisione tra supporter di Sampdoria e c1noa, come di "Vive la France!" o "Forza Italia!", dimenticando che in questi ultimi casi, ci si può anche appellare a una scelta non scelta, una nascita, un astro, un caso che ha deciso per noi e a cui noi, con onore, ci pieghiamo; ma quando si tratta di "amminstrazione delle cose di tutti", qualcosa di nostro dev'essere buttato sul tavolo, se no è mentire a noi stessi, cosa assai grave; è mentire alla terra che ci sta sotto i piedi.
In questo documentario sono raccolte le testimonianze di sette ragazzi europei che ebbero la sfortuna di trovarsi nelle ormai celebri Scuole Diaz, la sera del 21 Luglio 2001 e, nella notte, di essere ospitati nell'inferno che fu la caserma di Bolzaneto. A far da cornice al racconto, "Muli", uno di questi ragazzi, berlinese, con una grande forza: la voglia di non piegarsi a un destino già scritto da altri, di avere tutti i giorni la sensazione di non essere un tassello di progetti altrui, di possedere il futuro. Un futuro antiborghese, ovviamente. Un futuro in cui prima dell'acquisto vi sia il legame affettivo. Utopia per molti; per tanti altri l'unica via realizzabile.
In questo documentario v'è il punto di vista di coloro "che ci hanno aiutato a capire cos'è successo", "che non hanno avuto voce in questi anni". E tanto basta. Ecco perché non c'è bisogno di nessuna contropartita; per sentire le altre voci, c'è tutta la "buona" informazione che vorrete (anche senza catapultarvi in biblioteca, accendete la televisione o il pc), il contraddittorio fatelo nell'area break, di fronte alla macchinetta del caffè, sentirete quante verità e quanto scandalo. Perché di certo quell'"aiuto a capire cos'è successo" non è arrivato, né arriverà, dalle istituzione preposte a farlo (a chi avesse vissuto sulla Luna negli ultimi anni consiglio la visione dell'Extra: Le Provviste). Perché è giusto che sugli schermi ci vadano, una volta tanto, coloro "che non hanno avuto voce in questi anni". Poco importa se il pubblico non sono i milioni di fedeli del Tubo Catodico prima, del Full-HD LED dopo (che dovranno però trovare un buco tra la una deficiente che cucina cose veloci e prelibate per donne in carriera, un leccaculo senza tempo e uguali, e una furbetta che specula sul cervello delle nuove generazioni, sterilizzandole), ma alcune migliaia tra "attivi e impegnati", spettatori di kermesse dedicate e coraggiosi "feltrinellosi" che han voluto osare un po' di più, portandosi nei salottini d'Albaro, Carignano e Castelletto, quel cofanetto un po' cupo, ricco di immagini difficili da guardare, roba tosta, roba violenta, roba dello Stato Italiano. Non è il risultato quello che conta, sono i valori, i principi; che non mutano, non possono essere soggettivi, stanno lassù.
A coloro che accusano il film di "prendere una parte per il tutto" ricordo che di scontri tra manifestanti sulla linea adottata ne avvengono a ogni manifestazione; scontri, denunce tra coloro che ritengono di fare il proprio lavoro a difesa dei cittadini, no. Proprio per questi presunti super partes esistono i black block e questo la dice lunga ("destra", "sinistra", "crisi"...).
Se fosse ormai dato per assunto (né ovunque, né sempre è così) che i delinquenti sono da entrambe le parti, vorrei, da buon tifoso, vedere uno scontro ad armi pari...Provocatorio eh? E allora silenzio: che si prenda in considerazione tutta la gravità di una violenza perpetrata dal braccio armato dello stato. Si cessi di chiacchierare e si analizzi. Quando le F.d.O. picchiano o ammazzano non deve scattare un gioco al ribasso, al contrario. Un delinquente è dato per scontato, la violenza legalizzata, protetta e, quindi, impari, vigliacca, da branco, è inconcepibile; ma siamo nell'epoca del "dovrebbe essere" inconcepibile..
Ebbene, il popolo di coloro che avrebbero esultato nel vedere disintegrata la propria macchina esiste, eccome. Milioni sono gli Uomini che non dormirebbero una sola notte, sentendosi descritti (da scribacchini e tuttologi insignificanti è vero) come ruote "di un ingranaggio" o "le ultime del carro", "la parte debole". Milioni sono i rivoluzionari figli di papà, benestanti & bla bla, che racchiudono un fuoco più rosso del rosso. Pochissimi i militari in piazza per protestare contro abusi perpetrati dal loro (nostro?) corpo.
La retorica serve a poco quando una coscienza anticapitalista è ben radicata, consapevole. E' per questo motivo che, non c'è verso, "dentro quella scuola non ce l'hanno fatta".
Complimenti a Bachschmidt e ai suoi collaboratori.
(depa)

ps: ah, il documentario è ben girato, con un taglio originale sia sul piano narrativo, sia in quello puramente estetico. Belle le immagini di Zena, intravista dal basso o dall'alto, soffocata dal fumo che girava in quei giorni per le strade. Emozionanti (in negativo) le vicende narrate in prima persona, ben supportate dall'intelligenza e dalla forza dei protagonisti, qualità che emergono chiare grazie alle riflessioni espresse, alle parole scelte.

1 commento:

  1. http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2012/07/05/G8-giudici-camera-consiglio-oggi-verdetto_7144239.html

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