Extra: Eterno Faust

Cinema Arlecchino, quello tra San Babila e il Duomo, una traversa di Corso Vittorio Emanuele; io ed Elena spavaldi entriamo e già l'entusiasmo scema di qualche grado quando scopriamo che più si prova ad andare in un cinema "per pochi", più ci si tiene alla larga dalle multisale, più il prezzo da pagare sarà alto, 8 euro, tié, basta cinema e pizza per noi coppiette degli anni 2000; cinema e di corsa a casa: benvenuti a Milano, la città dalle mille possibilità. "Eh ma lei non sa le spese", già, già; peccato che anche lei non sappia le spese, penso io...Torniamo a noi: spavaldi perché ormai pensiamo di poterci sparare un "Faust" di un regista russo, così, con nonchalance (come direbbe Richard Romeo).
Si spengono le luci in sala e subito ci assale la paura di aver fatto il passo più lungo della gamba. Questo Aleksandr Sokurov, classe '51, gioca pesante, tutta la posta in palio, persino il formato della pellicola (!). Il suo film dalle tinte scure, dall'atmosfera mefitica e popolato da luridi affannati in eterno incedere, trasuda grevi e potenti intellettualismi. Dal punto di vista cinematografico, quindi provando ad eseguire un ipotetico algoritmo che sommi estetica e tecnica, di fronte allo spettatore si staglia un lavorone da applauso. Ricostruzione scenica che vuole soffocare e lo fa a meraviglia, montaggio al millisecondo su cui è affascinante perdersi, interpreti che possono far sfoggio di tutta la loro abilità, abbandonandosi completamente a quel canovaccio popolare che è il Faust. Gran voglia di leggere l'opera di Goethe (e, di riflesso, le fonti della sua ispirazione) per riuscire a non perdere i richiami allegorici sparsi con astuzia qui e là. Per noi due profani, quindi, rimane solo la consapevolezza di aver visto una pellicola che non poteva che vincere a mani basse il Leone d'Oro a Venezia 2011: macchina da presa che danza la capoeira assieme agli attori, scenografia, scelte registiche (la scena della caduta nella verde acqua; il formato della pellicola che varia in base alla differente angoscia che lacera l'attore inquadrato) che restano a lungo nella memoria.
Perché se è vero che possiamo ridurre tutto a un "Faust cerca l'anima, non la trova e allora quasi-quasi la vende al diavolo per poter finalmente dedicarsi al peccato, cioè farsi la biondina", in questo modo ci priviamo di tutte quelle considerazioni alte e profonde che si annidano tra ogni parola elencata tra le virgolette.
Diciamo che:
consiglio di leggere due righe prima di andare a vederlo (NON la trama);
sconsiglio vivamente vederlo in un luogo che non sia un cinema (per il fondamentale contributo che le immagini danno al coinvolgimento dello spettatore);
e poi di non affrontare questo film a muso duro, ma di lasciarselo scorrere addosso, fino a sentirsi lercio, puzzolente, circondato da fumi infernali alla ricerca di un'anima che non esiste.
(depa)

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