"Le mura di Malapaga", di René Clément (1949).
Ciao 'rofumiti, martedì scorso in sala Sbargioff c'era una bella combriccola: io, Tigre, Aporty, Monzy, Ele e Zippino. Antipastino con caciocavallo e salame, un po' di buon vino (Murge 14%) e via con la proiezione, tanto il ragù del Tigre è ancora a scongelare...
Massima indecisione ed io entro in gamba tesa: "Ho preso un film domenica a casa di papà!", ma in cuor mio so di rischiare; questo non è un film per tutti, questa è roba tosta, e quindi intraprendo una strategia tutta "Ouh, ragazzi, Jean Gabin, non so se mi spiego...!" e "No, dico...Isa Miranda! Mica...!", e alla lunga con qualcuno ottengo l'obbiettivo con altri, evidentemente, ho esagerato e, alla fine del film, qualcuno sarà un po' deluso dalle immagini apparse sullo schermo...
Ma parliamo del film: guardatelo (sì, avete letto bene, lo dico subito 'sta volta).
Sarà la Genova deturpata dalle bombe inglesi, sarà l'accento dei villani (alla francese) che si aggirano tra le macerie (così fedele al carattere stesso dei genovesì: rude e scontroso sulle prime, alla lunga dolce ed ammaliante), ma questo film mi ha emozionato; e non crediate che la tecnica del regista e dei due attori siano mera accademia. Isa Miranda interprete eccezionale di una donna vissuta in un momento sbagliato, nella città sbagliata, oltre che sposata con uno sbagliato; ma che ha negli occhi ribellione e voglia di un Amore. E' magistrale Jean Gabin, il quale è l'uomo sbagliato che scappa dalla sua realtà sbagliata (Francia). Albert Monzy, giustamente, ha sottolineato il taglio hollywodiano della sua interpretazione, ha poco da invidiare all'Humphrey di New York. E poi ci sono la regia e la fotografia, il fascino di Zena nei giorni cupi, quel porto che spesso è strappato alla città (ho un dejà-vu), le mura incombenti di roccia possente che rendono piccole formiche chi vi passa sotto, l'angoscia del gioco di luci ed ombre dei caruggi...vabbè qui Clement ha giocato facile...(fifty-fifty dai...).
Da non dimenticare l'orgogliosa prova di Vera Talqui (alla sua prima apparizione, poi verrà anche la Gina di Don Camillo, ma nient'altro), che rende "Cecchina" la più verace delle caruggiare!
Tiriamo le somme: miglior regia (Clément ha vinto la prima edizione di questo premio nel 1946, praticamente la prima del Festival) e miglior attrice a Cannes nel 1949 (Isa Miranda); Oscar nel '51 come miglior film straniero.
Insomma ci sono tutti i motivi per correre a scovarlo: regia d'autore e città che commuove.
Complici gli stuzzichini di Albert Aporty e il ragù finale del Tigre, alla termine della proiezione c'è soddisfazione in sala. L'unico a lamentarsi è il mio concittadino Zippino perchè "Ma dai! Non parlavano tutti genovese stretto!!"...
Vi saluto offrendovi compagnia per fare un giro per le mura della mia città, troppo spesso dimenticate da chi le ama e aggredite da chi non ne ha mai incontrato lo sguardo...
(depa)
Caro Depa hai rischiato, hai rischiato brutto ma te la sei cavata alla grande. Il film merita tutti i suoi premi.
RispondiEliminaCi sentiamo.